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23 set 2014

Attenti al Clima

di Luciano Caveri

Chi l'avrebbe mai detto che un giorno ci sarebbero state manifestazioni popolari per il problema del clima e i suoi cambiamenti. Invece, piano piano cresce una generale consapevolezza, per cui in decine di Paesi del mondo, indirizzandosi ai rispettivi Governi, è salita una richiesta di prendere sul serio un problema con delle di azioni concrete per tagliare le emissioni nocive e ciò dovrebbe avvenire nell'ennesimo Summit sul clima, che si terrà la prossima settimana alle Nazioni Unite.

Ed è, in questo importante, che la marcia "per il clima" più importante si stata a New-York, dove almeno centomila persone hanno sfilato per le strade di Manhattan. Tra loro - segno mica da ridere, se non fosse che anche la sua organizzazione nicchia parecchio - anche il segretario generale delle "Nazioni Unite", Ban Ki Moon. Da martedì, infatti, il Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite ospiterà 125 capi di Stato e di Governi per questo vertice sul clima, che si annuncia il più grande e importante dopo quello finito con una bolla di sapone di Copenhagen. Qui si tratta di capirsi. Esistono due scuole di pensiero. Una prevalente che dice: occhio che le attività umane sanno accelerando dei processi gravi di cambiamento climatico, lesivi per il pianeta e per l'umanità che ci abita, come visibile dal "tempo matto" che causa tragedie e danni. Un'altra, pur minoritaria: nei cambiamenti climatici ci sono meccanismi non ancora del tutto noti, che operano da milioni di anni e che sarebbero in minima parte toccati dalle attività umane. Chi mi legge sa che propendo per la prima tesi, senza eccessi di ideologia e atteggiamenti estremistici. Ma far finta di niente, come fanno larga parte dei governanti del mondo creerà solo una situazione di emergenza quando, ad esempio, la crescita del livello del mare si mangerà isole e zone costiere. Così come sulle Alpi spariranno i ghiacciai e i fenomeni di genere monsonico mettono paura in una montagna che già naturalmente cade a valle. E in Valle d'Aosta? Giusto pensare che su questo dovrebbe essere anzitutto il diritto internazionale a fissare dei paletti. Quel che capita nella pianura padana o nella vasta piana del Rodano incide su di noi, come fanno gli aerei che sorvolano ogni giorno le nostre montagne. Ma, al di là della convegnistica o di progetti pilota, mi pare di capire che non si incide su alcuni settori tutti nostri. Penso al consumo dei combustibili fossili, al traffico automobilistico, al settore dei trasporti, al risparmio energetico arrivo e passivo. E ancora: ci prepariamo seriamente agli impatti prevedibili delle conseguenze dei cambiamenti climatici? Mi riferisco agli usi dell'acqua, alla difesa del suolo, a pratiche agricole e industriali, alla protezione civile e via di questo passo. Sarebbe grave se le generazioni attuali non pensassero alle prossime con politiche di intervento a tempo debito e di opportuna prevenzione. Lo dobbiamo fare, insomma, per i nostri figli e nipoti, altrimenti siamo degli irresponsabili.