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20 set 2014

Se a Saint-Vincent si discute

di Luciano Caveri

Ho sempre seguito la storia del "Casinò de la Vallée", ritenendola anche parte integrante - nel piccolo, naturalmente - della storia politica della mia famiglia. Fu mio zio Séverin, nel marzo del 1947, quando era presidente della Valle nel periodo pre-statutario, a tirare fuori dal cassetto il celebre provvedimento e ad aprire - nella più totale incertezza di come avrebbe reagito Roma - la Casa da gioco. Per decenni, nelle difficoltà del riparto fiscale con "politica del rubinetto" (apri e chiudi secondo convenienze romane), i soldi derivanti dalle vincite (tutti di provenienza esterna, perché solo di recente larga parte del gioco è stata aperta ai valdostani) hanno alimentato un’autonomia speciale nascente, in un periodo post bellico fatto di investimenti essenziali in un momento di ristrettezze e in cui non si facevano "voli pindarici" ma si stava con i piedi per terra con governanti galantuomini. Ancora sotto la mia Presidenza, saltando agli anni Duemila, il Casinò era una macchina, che già manifestava problemi impostati per soluzioni poi non percorse, ma che allora ancora macinava utili. In questi anni, dopo il ritorno presunto “salvifico” di Augusto Rollandin (votato a man bassa anche alla Casa da gioco), i conti sono andati peggiorando e non bastano comunicati stampa e grandi sorrisi a nascondere la realtà di una situazione ormai catastrofica, bilanci alla mano. Altrove, con questi risultati e usando un esempio calcistico, si sarebbero cambiati allenatore e squadra. Invece appaiono, come fulmini in una giornata con una bufera disastrosa, delle perle come l’inseguimento alle comunità cinesi italiane, l’avventura verso i ricconi con società di Macao, clienti inibiti del passato che spadroneggiano, ospitalità estive che gonfiano le presenze alberghiere ma sul gobbone dei conti pubblici, meccanismi perversi di promozione del gioco. Questa débacle ha avuto ripercussioni gravi nel paese e, con la costosissima realizzazione degli alberghi e del rifacimento del Casinò con il "Resort" - e l'esito è di dubbia qualità - si è chiuso al proprio interno, come se fosse un forte sotto assedio, rompendo il cordone ombelicale con Saint-Vincent. Il "Palais" è stato chiuso, il "Billia" fa concorrenza agli esercizi locali, il commercio langue e via di questo passo. In parallelo il rilancio delle Terme (ma senza usare in modi nuovi le celebre acque della "Fons Salutis") non ha funzionato, con un project financing fermo al palo, e con una gestione attuale che nulla ha che fare con una "Spa" élitaria come era stata prevista e la scelta sanitaria d’intesa con la Regione, nel campo della dialisi, si è dimostrata debole rispetto ad altri progetti ben più attrattivi, ma non graditi a Palazzo. Il Comune - come entità amministrativa - ha dimostrato incapacità di reazione rapida e oggi si sente per la prima volta anche in parte della maggioranza comunale una presa di coscienza, compresi i meccanismi di mancato finanziamento regionale che sono cessati per volontà politica, facendo sprofondare il bilancio comunale in una forte violazione dei meccanismi di spesa del "Patto di stabilità". A fronte di questa situazione, con un moto d’orgoglio, una parte del paese, comprendendo anche Châtillon in una logica comprensoriale apprezzabile, perché i campanilismi non portano da nessuna parte, sono nati spontaneamente dei gruppi di lavoro - democrazia di base, direi - che stanno sortendo un dibattito che concerne in profondità la comunità e non solo la categoria vasta e assai differenziata nota come "politica". E’ una storia interessante, che supera la logica del mugugno e le trappole dell'antipolitica e non è da collegarsi, come qualcuno fa già, ad un semplice meccanismo "causa ed effetto" per le elezioni comunali di primavera. Direi che si può parlare di una crescente consapevolezza che lamentarsi e rimpiangere il passato della "Riviera delle Alpi" è un esercizio sterile e solo in modo auto-centrato, con conoscenza del territorio e delle sue potenzialità, si può ripartire. Ma ovviamente bisogna che al Casinò si faccia l’opportuna pulizia e che si riprenda in mano con la "Bonatti" la progettualità delle Terme, comprese quelle vecchie e l’albergo "Source" con destinazioni affinate rispetto al cambio dei tempi. E’ vero che ci sono meno soldi di un tempo - e questo archivia ogni idea di spese milionarie, quando sarà già difficile mantenere la gestione dell’esistente - ma le idee possono anche consentire di trovare buone soluzioni low cost. Basta uscire dalla logica desueta dell’"one man show".