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22 set 2014

Maledetti imprevisti!

di Luciano Caveri

Aspettando l'esito del referendum scozzese, perché ne vorrei scrivere con calma ma con dati conclusivi (anche se - ma faccio gli scongiuri! - butterebbe male per l'indipendenza), che oggi volevo raccontare un fatterello. Che brutta storia gli imprevisti! L'altro giorno, poco dopo le 17, ero in macchina a Lyon. In mezzo ad un gran traffico, ero fermo in una fila ad un semaforo, quando un furgone nella corsia alla mia sinistra è arrivato a tutta canna, urtando di netto il mio specchietto esterno con il suo specchietto. Una botta secca che mi ha tolto il fiato e ha danneggiato di brutto il retrovisore. Essendoci ancora il rosso, sono riuscito a inseguire a piedi il mezzo che mi aveva urtato, obbligando l'autista ad accostare per parlare. I fatti mi parevano evidenti, ma il giovane interlocutore negava una sua responsabilità, sostenendo che la colpa fosse mia. Tutto questo è avvenuto in modo civile e senza alzare i toni, perché tanto bisticciarsi non avrebbe cambiato la sostanza della situazione. Che fare? La cosa più furba sembrava essere chiamare sul posto qualcuno che rilevasse l'incidente, per cui chiamo il numero della Police, il 17, che annuncia che arriveranno sul posto. Intanto scatto qualche foto allo specchietto penzolante e al suo danneggiato (compreso il vetro a terra). Poi, finalmente, posso provare l'assistenza telefonica della mia assicurazione auto. Chiamo il numero per fatti avvenuti all'estero: una signora dall'accento piemontese mi propone, come unico supporto, di chiamare un carro attrezzi. Se chiedo altro, tipo come comportarmi nella circostanza, si scoccia e mi dice di chiamare l'ufficio sinistri in orario di ufficio. Amen. Molto gentile, invece, la mia assicurazione di Aosta, che sconsiglia di compilare - come il Tizio proponeva, ma ribadendo di non voler per nulla assumersi la benché minima responsabilità - una constatazione amichevole. Si rischierebbe di pregiudicare il risultato. Confido nella Police, che richiamo e vengo rassicurato che la pattuglia sta arrivando. Aspetto e mi preoccupo di come riparare il retrovisore, visto che il mio viaggio deve proseguire. Ho un'auto tedesca con servizio mobilità tedesco: perché preoccuparsi? Chiamo il numero: chi risponde propone un carro attrezzi, ma non sa nulla di eventuali riparazioni. Bisogna chiamare per quello un'officina a Lyon, ma il numero che mi ha dato non risponde. Intanto il guidatore dell'altro mezzo - è passata un'oretta - arriva con una bimba piccola in braccio, che dormiva sul mezzo. Dice: «io me ne vado». Fotografo la sua patente e ci salutiamo. Metto assieme quel che resta dello specchietto, che più tardi sistemo con del nostro isolante e riesco a vedere dietro quel che necessario. La mia assicurazione, al rientro, mi dice: vedremo, studiamo la pratica, ma non nascondono per nulla la difficoltà di venirne a capo. Ieri ho fatto aggiustare lo specchietto e ora, fattura alla mano, aspetto fiducioso. Ho capito, però, che i vantati numeri di assistenza servono poco e che la materia degli incidenti stradali in Europa resta piuttosto flou. Tutto questo parlando francese: non oso pensare cosa sarebbe capitato a chi non fosse stato in grado dì parlarlo. Resta il fatto, infine, della Police, gentilissima le due volte in cui ho chiamato, ma che sul luogo dell'incidente - per carità, non era grave - non è arrivata. Sarebbe stato meglio dirlo.