Utilizziamo i cookie per personalizzare i contenuti e analizzare il nostro traffico. Si prega di decidere se si è disposti ad accettare i cookie dal nostro sito Web.
19 set 2014

Aspettando l'equinozio

di Luciano Caveri

E' vero che l'autunno arriverà solo martedì, con l'equinozio d'autunno, ma basta guardarsi attorno e vedere come i colori delle montagne siano già quelli della stagione ormai imminente. Lo si vede dalle cime (anche se su quelle più alte la neve ha passato in parte indenne il periodo dello scioglimento) e soprattutto dai boschi con le piante che si preparano a dare spettacolo (rubiamo il termine "feuillage" al Québec e facciamone un'attrazione turistica!), oltreché dall'aria che si fa frizzante la mattina. Per un certo periodo, questo momento di passaggio era stato scelto, per via dei molti significati, sia laici che religiosi, del 7 settembre, come "Festa della Valle d'Aosta", ma poi la Festa è stata abrogata (la ragione principale fu l'abolizione della festività dei patroni come San Grato, che poi non è mai stata concretizzata davvero). Per cui settembre - finché durerà la moda - è ormai un mese legato alla sfacchinata del "Tor des Géants". Si vede che, almeno per chi ci governa, lo sport "tira" di più delle celebrazioni ufficiali, che sarebbero nel solco di quella Storia valdostana importante per l'identità dell'autonomia speciale. Ma gli ideali, si sa, sembra meglio che siano tenuti in polverosi armadi... Le giornate ormai sono clamorosamente più corte e il sole basso sull'orizzonte, quando si ha la fortuna di vederlo tramontare, assume quella luminosità settembrina, che è calda e avvolgente a dispetto dell'estate che se ne va. "Estate" è certo, quest'anno, un parolone, perché ormai - a conti fatti - questa stagione estiva è stata una fregatura e non consola il fatto che siamo piombati dentro un record di maltempo e di pioggia, che difficilmente rivedremo nel corso della vita, trattandosi di una bizzarria secolare. Eppure una qualche riflessione sul turismo estivo andrebbe fatta. Non basandosi solo sulla "cattiveria" della climatologia, ma cercando di capire come reagire sia sulla clientela italiana (abbandonarla al suo destino sarebbe un delitto) sia sulla clientela estera (scegliendo bene dove posizionarsi e senza troppi voli pindarici su clientele strane, tipo i cinesi che ormai vanno forte per le sale del Casinò e per le turbine di "Cva"). Gli studi non mancano, anche se certi esiti, almeno quelli più recenti, dimostravano che gli esperti esterni - utili per avere una visione più distaccata delle nostre cose - non sempre si erano applicati a dovere e dunque si era evidenziato il rischio di "prendere lucciole per lanterne". In sostanza poi, anche con l'attesa nascita dell'Office du Tourisme, tutto è rimasto più o meno tale e quale con un pubblico in cui le responsabilità di chi faccia che cosa restano indefinite e l'occasione della riforma degli Enti locali potrebbe in questo risultare utile (compreso capire a che cosa serva nel settore la misteriosa "Chambre Valdôtaine", Camera di Commercio che sopravvive come elemento superfluo rispetto al sistema istituzionale valdostano). Il privato, invece, stenta ad avere un suo ruolo sia che passi attraverso la rete associazionistica sia che definisca proprie strategie. Eppure, in barba a quei politici che amano dire che passano qui tutta la loro vita senza andare in vacanza o in visita altrove, resta sempre un caposaldo l'osservazione - oggi ancora più importante in vista di quel 2015 che dovrebbe segnare la nascita della macroregione alpina con la sua strategia unitaria - di quanto stanno facendo gli altri, posti anch'essi di fronte ad un'epoca di profondi cambiamenti. Così tocca riflettere, prescindendo dal tempo avverso che ci ha mezzo lo zampino, sull'estate in montagna, ma anche di come mai stagioni autunnali di bellezza così straordinaria registrino uno scarso successo e dunque significhino, nelle nostre stazioni turistiche, il fatto di non poter neppure prendere un caffè al bar (chiuso).