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08 set 2014

La strage sulle strade

di Luciano Caveri

La gerarchia delle notizie scelte dalle redazioni dipende da molte cose. E' facile osservare, ad esempio, come finisca facilmente in apertura tutto ciò che alimenta il fascino perverso della "cattiva notizia", usata anche - ed è questo che talvolta stupisce - quando non risulti strettamente necessario. Sulla "cattiva notizia" ed il suo effetto consolatorio e catartico non torno più, perché l’ho fatto tante volte. Cito solo quella frase nel libro provocatorio "Malomondo" di Giovanni Soriano: «I notiziari sono sempre abbastanza deludenti: corruzione, stupri, omicidi, terrorismo, guerre, epidemie, carestia, disoccupazione, inquinamento, alluvioni, terremoti e via dicendo; ma niente che lasci mai presagire un'imminente fine del mondo che ci liberi per sempre da quest'immane orrore e, soprattutto, dai notiziari». Non si tratta di questo, naturalmente, perché il "museo degli orrori" delle notizie se esiste non va censurato, ma non si può di certo non notare come questo elenco avvenga talvolta nella convinzione che solo quanto è a tinte fosche attiri, in fondo, l'attenzione del cittadino, che viene di certo considerato dagli addetti ai lavori più incapace di distinguere le cose di quanto sia in realtà. Il caso degli incidenti di montagna è di scuola, in questo senso. Ricordo quando ero un giovane cronista e partecipavo al mattino al rito del "giro delle redazioni" che Roma faceva in conferenza circolare per decidere che cosa "prendere" dalle sedi regionali: la sciagura sulle Alpi assicurava ad un cronista locale la gloria di un minutino in un telegiornale nazionale. Lo stesso capitava quando, per brevi periodi, ho fatto il vice del corrispondente locale per il "Corriere della Sera". Quest'estate, purtroppo, è stata ricca di incidenti sulle montagne. Che si sia trattato di persone colte dal maltempo e svanite, di cordate cadute durante la salita, di nuovi sport - come la "tuta alare" - che hanno fatto parecchi morti e via di questo passo. Leggeremo le statistiche a fine stagione per farci un'idea più precisa di quanto abbia dovuto sgobbare il "Soccorso alpino". Ma un’elementare comparazione di dati dimostrerà, come già avvenuto in passato, che l'estate è stata sanguinosa non solo sulle cime, ma anche e purtroppo sulle nostre strade per tanti incidenti. Ed è proprio la gerarchia delle notizie a fare in modo che questa strage sia stata meno evidente, come se la ridotta spettacolarizzazione e una quotidiana assuefazione finiscano per trasformare un fenomeno grave in un'accettabile prezzo da pagare nella quotidianità. Eppure resto convinto che su questo si debba fare di più e chi viaggia molto in macchina, come chi come me è pendolare, ha la percezione che su questo punto si debba lavorare con continuità anche nella piccola Valle d'Aosta. Vi sono elementi strutturali della rete stradale che vanno risolti e non sempre chi capisce con quale logica si affrontino le scelte di miglioria, che entrano in canali che accelerano e rallentano certe opere senza che appaia una reale logica che le ricolleghi alla sicurezza stradale. Vi è poi - capitolo essenziale - il comportamento soggettivo di ciascun guidatore. Non mi riferisco solo a casi patologici, come i guidatori che si mettono in macchina ubriachi, ma anche a chi guida male o si dimostri spericolato. Ancora ieri sulla strada statale 26, che è ormai una strada trafficatissima in Valle d'Aosta per i proibitivi costi dell'autostrada (la diminuzione a prezzi ragionevoli dei pedaggi sarebbe una scelta in nome della sicurezza!), ho visto un delinquente reiterare sorpassi azzardati e pericolosi, che avrebbero potuto causare autentiche stragi. Non è solo una questione di multe e sanzioni, di riforme ulteriori al "Codice della strada", ma semplicemente di civismo e di buon senso, oltreché di comprensione di meccanismi elementari che rendono i rischi in caso di incidenti anche banali terribilmente veri, che possono da soli salvare le nostre vite.