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01 ago 2014

L'Europa già dimenticata

di Luciano Caveri

Finita la buriana delle elezioni europee e il "gran tramestio" per la Presidenza italiana del Consiglio, sull'Unione europea sembra sia calato il silenzio. L'Europa, in Italia, è adoperata in gran parte come pretesto, alibi, copertura delle beghe delle politica interna. E mi pare che, allo stato, ci sia una fibrillazione nella politica italiana, che non è più neppure patologica, ma insita nel sistema. Sul voto sulla riforma costituzionale in Senato e sulla nuova legge elettorale si va avanti e indietro come in un infinito "cha cha cha". Ci riflettevo su questa Europa dimenticata in occasione nella manifestazione "Montagne en rose", organizzata ad Ayas, quando mi è stato chiesto - e l'ho fatto volentieri - di parlare dei temi europeistici, caso raro in una Valle ormai tristemente ripiegata su sé stessa, con due parlamentari europee, elette per altro nella circoscrizione nord-ovest, di cui anche la Valle d'Aosta fa parte. La prima è Lara Comi, lombarda di "Forza Italia", assai giovane ma già alla seconda Legislatura. Mi è parsa sinceramente impegnata nelle tematiche comunitarie e direi che l'aspetto più significativo è stata una sua giusta osservazione sull'incapacità dell'Italia di fare sistema. Chiunque abbia vissuto in ambito europeo, sa che altri Paesi, in primis la Germania, che ha pure occupato posti chiave nella burocrazia di Bruxelles, organizzano riunioni periodiche in cui il Governo detta la linea sui grandi interessi tedeschi. Capita anche per i francesi e per gli inglesi e, maggior ragione, per Paesi più piccoli. Mentre gli italiani navigano a vista, portando in Europa le beghe nazionali e - peggio ancora - perpetrando il vizio italico della mancanza di una "vision" sui grandi temi in discussione. Per poi piangere sul latte versato... La seconda parlamentare, che ho avuto l'occasione di presentare al pubblico, è stata Renata Briano del Partito Democratico. Frequentatrice da molti anni di Cogne, dove ha ricordato aver maturato quella sensibilità verso l'Ambiente che ha connotato i suoi studi e la sua azione amministrativa, prima nella Provincia di Genova (le ho ricordato che il primo presidente di quella Provincia fu Antonio Caveri, fratello del mio bisnonno!) e poi nella Regione Liguria. Il suo, in Europa, è un esordio e quindi si trova ancora nella fase - tutt'altro che semplice - dell'apprendistato in quella strana istituzione, che è il Parlamento europeo. Mi sembra che, comunque, abbia colto la necessità di specializzarsi e di scegliere dei temi su cui concentrare il proprio lavoro. Ne abbiamo discusso uno, fra gli altri affrontati, quello del cambiamento climatico, di cui la Briano è stata testimone, occupandosi - nel suo ruolo di assessore ligure alla "Protezione civile" delle terribili alluvioni nelle Cinque terre - ed è lo stretto legame, da ben spiegare in Europa, fra cambiamento climatico in corso e disastri idrogeologici che affliggono in egual misura le coste marine e le nostre montagne. Ma il momento più stimolante, proprio durante la breve discussione finale, è avvenuto su due domande poste da Enrico Montrosset, direttore artistico della rassegna "en rose". La prima riguarda che cosa significhi, dal punto di vista culturale, quella possibilità di interscambio fra i rappresentanti dei diversi Paesi membri dell’Unione europea. La seconda è perché c'è l'impressione che l'Italia, a differenza degli altri, viva sempre con l'affanno sulle emergenze vere o presunte. Non potevo rispondere lì e lo faccio qui. Il confronto e l'apprendimento con "culture altre" sono il sale dell'Unione europea. Chiunque entri e stia per un certo periodo nelle Istituzioni comunitarie esce arricchito da visioni differenti, che ti migliorano giorno per giorno. In questo senso - seconda risposta - si soffre ancor di più di questa tendenza italiana alla drammatizzazione del presente, spesso con incendiari che vogliono dimostrare di essere bravi pompieri o con temi posti come immediati e ineludibili per fare della fretta una cattiva consigliera. Urgono per l'Italia ripetizioni in Europa, dove si fissano agende, si predispongono programmi, si declinano le questioni e anche le urgenze non sono fatte con il fiatone del passo del bersagliere o con l'esposizione rischiosa genere "caso Mogherini". La normalità sarebbe davvero eversiva...