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28 ott 2013

Contro la catatonia

di Luciano Caveri

Riflettere sulla realtà è un esercizio sempre salutare. Bisogna evitare di cadere nella quotidianità, perché la routine ti ammazza e ci si trova svuotati di energie e di idee. La ripetitività nella vita è una fregatura e rischia di farci cadere nel meccanicismo dei comportamenti. Per questo ringrazio le circostanze, perché so bene quanto pesi la casualità nella conduzione della nostra vita, di avere avuto una vita che mi ha impedito troppe incrostazioni e periodicamente mi ha consentito delle scosse benefiche. Come dei "punto a capo" che ti consentono, si direbbe oggi, in linguaggio per i computer, di "resettarsi".

Trovo particolarmente proficua questa mia situazione di vedere la politica "dal di fuori", nel senso senza coinvolgenti cariche elettive, avendo il privilegio di averne appreso i meccanismi interni più arcani non solo sulla scenario valdostano, ma anche in quelli italiani e europei. Per cui guardi alle cose che capitano con un approccio diverso, potendo in qualche modo avere dei livelli di comprensione diversi e chiavi di lettura originali. Ma quel che stupisce si più è non solo questo punto d'osservazione sul panorama della politica, ma anche l'approccio diverso, direi più libero e meno vincolato, verso i cittadini, che potrei definire "comuni". Non c'è nella definizione nulla dispregiativo - ci mancherebbe! - ma è la semplice constatazione che quante persone, molte più di quelle che si possa pensare, abbiano un rapporto molto superficiale con i meccanismi istituzionali e le vicende politiche. Esiste un evidente paradosso. Da una parte, infatti, la fine dei grandi partiti di massa, che avevano un approccio formativo, ha indebolito quella "rete politica" che impregnava parte della società. Dall'altra, però, l'esplodere dei canali di comunicazione, specie dei social che consentono modalità di conoscenza rapidi, dovrebbero consentire a chi lo volesse spazi di alfabetizzazione molto vasti. Fatto sta, comunque, che cresce l'abbandono e il disinteresse e la crisi sembra ampliare il rigetto a braccetto con forme di antipolitica e antiparlamentarismo, di cui gli eletti hanno una buona parte di responsabilità. La classe politica sembra peggiorare, mano a mano che cresce il disprezzo popolare, come se il fossato che si è creato non riuscisse più a saldarsi e anzi le cose peggiorino. Certo è che il fenomeno, in una Valle d'Aosta piccola e in cui la coesione attorno alla conoscenza dell'autonomia è un fatto concreto, questa situazione è pericolosa. Spetta a tutti il compito non di creare situazioni artificiose per il risveglio d'interesse, ma un rilancio di meccanismi democratici e di grandi progettualità per il futuro, che aggreghino il senso della comunità. Altrimenti una certa catatonia sortirà problemi seri.