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26 ott 2013

Ciao, Alberto

di Luciano Caveri

Non so dove sia ora il mio amico Alberto Capietto, ma qualche idea ce l'ho e lo dirò alla fine, con cui ho condiviso - da quando eravamo ragazzi, sino ad oggi - momenti di gran divertimento, ma anche di chiacchiere serie. Come molte persone aveva un carattere "double face": "compagnon" instancabile con una grande verve e poi gli cadevano sulla testa momenti di tristezza, più intimisti, in un mondo che per lui ogni tanto diventava agro. Lo ricordo in azione, nella mescita del vino e nella presentazione dei prodotti valdostani, nella splendida sala del Palazzo Reale di Bruxelles, dove si sono svolsero in passato degli "Arbre del Noël" della nostra Regione per le istituzioni europee. Mi faceva morir dal ridere, nel suo francese suggestivo, quando si metteva a descrivere con tono aulico i profumi dei nostri vini e sembrava, con la sua chiacchiera, di far materializzare, in mezzo agli stucchi e agli affreschi, le nostre vigne eroiche, che risalgono le nostre montagne. Ogni tanto, come un gag fra di noi, mi facevo ripetere la sua magistrale interpretazione, a favore soprattutto di giornalisti e funzionari europei, del maiale valdostano in alpeggio, in mezzo alle praterie fiorite, che porgeva il suo capino al coltellaccio del contadino, felice di trasformarsi nel prelibato "Prosciutto di Bosses". Dovevo pensare a cose luttuose, in circostanze ufficiali, quando si infilava in questa storia, per evitare di ridere a crepapelle. Con me aveva un rapporto di lunga data, direi affettuoso, come può essere fra amici che si perdono e si ritrovano e bastano poche battute per tornare ragazzi e sodali. Da qualche anno lavorava per la commercializzazione dei vini della "Kiuva" di Arnad: lo faceva con entusiasmo e impegno. L'ultima volta, poco tempo fa, mi raccontava di come, al di là di tutta una retorica, bisognasse remare molto per commercializzare il vino in un periodo di crisi economica. Ora si starà occupando di Vin Santo su qualche nuvoletta: lo farà con ironia e sarcasmo e, guardando giù, un ultimo sorriso son certo che me lo riserverà. Ciao, Alberto.