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24 ott 2013

Non solo reines

di Luciano Caveri

Mi sono molto divertito a seguire le "combat de l'Espace Mont-Blanc", alla sua seconda edizione, questa volta nell'arena della Croix-Noire. I vallesani, come da lettura sul quotidiano romando "Le Nouvelliste", rosicano per la vittoria della valdostana "Canaille" di Aurelio Crétier, proprietario che ha bissato il successo sul suolo svizzero dello scorso anno (stasera ore 20 su RaiVd'A). Speravano di pareggiare, ma non ce l'hanno fatta e hanno attraversato il tunnel del Gran San Bernardo con le pive nel sacco. Mi è piaciuto il mix fra l'eliminatoria diretta "alla valdostana", con logica da calendario calcistico con quaranta bovine in partenza (sedici per Valle d'Aosta e Valais ed otto per i Pays de Savoie) e la fenomenale formula decisiva "à la mode valaisanne" con dieci finaliste. Le mucche vengono poste tutte insieme in un cerchio transennato, con eliminatorie, una dietro l'altra, sino a che - classificate le altre da decima a terza - restano le ultime due contendenti, corna contro corna, per il bosquet. C'è stato un momento, colto con euforia dal pubblico, in cui le cinque coppie di bovine - autentici colossi - si battevano in contemporanea in un fazzoletto di terra dell'arena: uno spettacolo dantesco o forse degno di un "Orlando furioso". A me questa storia della sfida transfrontaliera o meglio di prossimità territoriale interessa, anche per le implicazioni politiche ed economiche. Quelle politiche sono ben note e appaiono sin dal pensiero di Émile Chanoux, che immaginava l'utopia di una République du Mont-Blanc, che desse una veste istituzionale agli antichi rapporti che - sin dal neolitico - accomunano, malgrado quelle frontiere che nel frattempo sono andate via via irrigidendosi, le tre zone che ruotano attorno al massiccio del Bianco con somiglianze e affinità ovvie. In barba agli Stati nazionali e ai confini, che nei secoli sono diventati le ferite della Storia e sono destinati a rimarginarsi. L'Espace Mont-Blanc è un'istanza nata per contrastare l'idea di venticinque anni fa, quando in Italia si parlava di un Parco nazionale, lato italiano, con estensione internazionale sul Massiccio in una tappa successiva, anche se restava indeterminata la base giuridica su cui fondarlo. All'epoca bastava e avanzava il "Parco nazionale del Gran Paradiso" e in quel tempo - prima che, come oggi, si mettesse la sordina ai problemi di riconoscimento di funzioni e competenze della nostra Regione dentro la porzione valdostana del Parco - il tema era ancora molto caldo. Non si voleva un doppione del problema. Così l'Espace, che in fondo ricalcava la speranza del vecchio "Triangle de l'Amitié" del dopoguerra e le istanze di cooperazione transfrontaliera nelle sue diverse forme, è stato lo spontaneo riferimento per la passione comune per le reines e questo non è stato frutto artificiale della politica, ma uno dei molti spunti a fronte di radici comuni e problemi identici da risolvere, derivanti dalle similitudini territoriali, sociali e culturali in questa parte di Arco alpino. Penso che questa messa in comune dell'entusiasmo per le mucche combattenti sia un caso che potrebbe essere moltiplicato nell'economia e ci sono già in alcuni settori - mobilifici, artigiani, commercianti, grafici - persone che stanno facendo da battistrada alla ricerca di scambi economici più forti con Vallese e Savoia, interessanti mercati di vicinanza. E' una possibilità che ho sempre considerato promettente e bisogna rimuovere quel blocco psicologico, derivante dalla vecchia logica delle frontiere.