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03 set 2013

La fattoria degli animali

di Luciano Caveri

Da Esopo in poi, attraverso i classici della favolistica, l'impiego della rappresentazione del mondo umano attraverso gli animali c'è sempre stata. E' un modo intelligente per parlare di noi, passando attraverso le altre creature che condividono con noi il Pianeta. Di Esopo ricordo la celebre "La volpe e l'uva": "Una volpe affamata vide dei grappoli d'uva che pendevano da un pergolato e tentò d'afferrarli. Ma non ci riuscì. «Robaccia acerba!», disse allora fra sé e sé; e se ne andò. Così, anche fra gli uomini, c'è chi, non riuscendo, per incapacità, a raggiungere il suo intento, ne dà la colpa alle circostanze". Per cui non mi stupisco che nella politica italiana, per rendere raccontabile la storia della misera politica attuale, si ricorra ai "falchi" e alle "colombe" e anche alla "pitonessa". Posso assicurarvi che anche nella politica valdostana esiste qualche soprannome "bestiale" di qualche big, genere un mammifero artiodattilo della famiglia dei Suidi. Ma il capolavoro - da leggere da adulti e non da ragazzi, quando lo si trova mortalmente noioso - resta "La fattoria degli animali" di George Orwell, graffiante satira che, verso la fine della Seconda Guerra mondiale, rappresentò l'allegoria del comunismo dell'Unione Sovietica con una visione lucida in un'epoca in cui chi ci credeva era ancora adorante e altri tacevano per logiche d'alleanza contro il nazifascismo. La storia - che non ha nulla con il povero bestiario di oggi - vale naturalmente per ogni altra forma, grande o piccola che sia, di totalitarismo ed è semplice da riassumere e istruttiva in ogni luogo. Il germe dell'assolutismo può manifestarsi anche in democrazia in forme perniciose, specie quando si condisce di malaffare e immoralità, che neppure la propaganda servile riesce a nascondere. Ma dicevo della storia del romanzo: in una fattoria inglese, di proprietà di un coltivatore ubriacone e violento, tale Jones, gli animali decidono di ribellarsi alla loro schiavitù. A capitanare la rivoluzione sono i maiali e i personaggi principali fanno il verso a Lenin, Stalin e Trotsky. Sono loro che fissano le regole di convivenza, che poi vengono disattese per primi proprio da maiali, che indicano la linea agli altri animali. I cavalli sono i lavoratori che subiscono, i cani sono i poliziotti che controllano, le pecore sono la maggioranza che piega il capo. Tra bugie, tradimenti e tragedie la fattorie degli animali diventa una vera e propria dittatura e i maiali finiscono per agire come gli odiati uomini. Esemplari, nella vita di ognuno di noi, i sette comandamenti (tra parentesi le frasi aggiunte successivamente dai maiali per giustificare le loro azioni):

  • Qualunque cosa cammini su due zampe è un nemico;
  • Qualunque cosa cammini su quattro zampe o abbia le ali è un amico;
  • Nessun animale deve indossare vestiti;
  • Nessun animale deve dormire in un letto (con le lenzuola);
  • Nessun animale deve bere alcool (in eccesso);
  • Nessun animale deve uccidere un altro animale (senza motivo);
  • Tutti gli animali sono uguali (ma alcuni sono più uguali degli altri). Quest'ultima espressione è diventata famosa, a ragione. Ma l'epilogo è noto: i dittatori veri e quelli di cartapesta alla fine sono perdenti.