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28 ago 2013

Il ciclo delle stagioni

di Luciano Caveri

Prescindiamo per un attimo dalla solita polemica sulle stagioni, che ormai sembrerebbero non più tanto catalogabili, com'era invece spiegato dal sussidiario ai tempi della scuola con delle belle illustrazioni. Quando si imparano i rudimenti di quelle che dovrebbero essere le poche certezze della nostra vita, poi scompaginate dalla vita vissuta. La solfa la conosciamo: non ci sono più le "mezze stagioni". Ricordo, però ed è un ammonimento a non strafare, che cosa rispose sul punto il mio amico Luca Mercalli, specialista del clima sulle Alpi: «Basta, anche voi come giornalisti non dovreste propagare questo luogo comune. E' una chiacchiera da bar; lo diceva già Giacomo Leopardi nello "Zibaldone" duecento anni fa. Poi, che cosa significa "mezza stagione"? L'unica cosa che possiamo dire è che il clima è sempre molto variabile e ogni anno ha le sue particolarità. Allora potremmo affermare che c'erano meno stagioni duecento anni fa, perché faceva molto più freddo e c'erano un lunghissimo inverno ed una breve estate». Eccolo uno dei brani evocati di Giacomo Leopardi: "Del resto non ha molt'anni che le nostre gazzette, sulla fede dei nostri vecchi, proposero come nuova nuova ai fisici la questione del perché le stagioni a nostri tempi sieno mutate d'ordine ec. ec. Quello che tutti noi sappiamo, e che io mi ricordo bene è, che nella mia fanciullezza il mezzogiorno d'Italia non aveva anno senza grosse nevi, e che ora non ha quasi anno con nevi che durino più di poche ore. Così dei ghiacci, e insomma del rigore dell'invernata. E non però che io senta il freddo adesso assai più che da piccolo". Questo per dire anch'io una rischiosa banalità, sapendo che con queste riflessioni viviamo ogni giorno. Ci pensavo l'altra sera, guardando dal balcone il castello di Ussel di Châtillon, in un imbrunire pieno di profumi e con nuvole rosate all'orizzonte, in questa estate bizzarra bagnata e solare, secondo le sue bizze. L'estate mi piace e potrei, in un immaginario album dei miei ricordi, proiettarmi con la fantasia le innumerevoli immagini che ho accumulato con luoghi, volti e circostanze. Ma, dovessi dire, mi piacciono proprio tutte le stagioni in quel circolo rassicurante che avvolge la nostra vita e nel mio album credo che possa esistere una sorta di "par condicio" con la quale posso passare - come un giocoliere - dalle memorie di una stagione o dell'altra senza particolari preferenze. Con gli anni finisci proprio, al di là delle stranezze del clima, per cogliere la bellezza di tutte le stagioni e osservi - perché l'esperienza varrà ben qualcosa - i ponti che ci sono fra le stagioni. Poi, in Valle d'Aosta, esiste un raro privilegio: le stagioni scorrono come un film nella stessa sala, che è il nostro scenario naturale. A giorni l'autunno incomincerà a manifestarsi ad alta quota e poi lo farà l'inverno, scendendo a mano a mani verso il basso, mentre la primavera e l'estate le montagne le risalgono per portare a rate la bella stagione. Ci sono momenti in cui - come una una "pizza quattro stagioni" - caratteristiche diverse convivono a seconda delle quote in un mix dovuto all'altimetria straordinaria. Una ricchezza particolare, di cui i valdostani dovrebbero essere fierissimi.