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24 ago 2013

La cartolina dell'Arco

di Luciano Caveri

C'era un tempo, difficile da spiegare ai giovanissimi, in cui si scrivevano le cartoline illustrate. Nate verso la fine dell'Ottocento, divennero - come racconta un sito sulla storia delle Poste - "a cavallo del Novecento un fenomeno nuovo, paragonabile all'odierno Internet, con cui milioni di persone si scambiavano saluti da un luogo all'altro del mondo per mostrare a chi stava a casa, per la prima volta nella storia, luoghi visitati dal turista". Nella mia infanzia era ancora così ed era una sorta di vanteria dalle vacanze, mentre oggi è una sopravvivenza, surclassata proprio da Internet e dai diversi sistemi di social media, cui si accede con foto scattate e "postate" sul Web. Facile dire quale sia il soggetto più fotografato ad Aosta, da quando esiste la fotografia: l'Arco d'Augusto. Così viene descritto in sintesi nel sito del turismo della Valle d'Aosta: "Appena passato il ponte sul torrente Buthier, lungo la strada che portava alla monumentale Porta Praetoria, principale via di accesso alla città romana, fu innalzato l'arco onorario dedicato all'imperatore Augusto. Si trattava di un segno eloquente della presenza e della potenza di Roma che nel 25 a.C. aveva definitivamente sconfitto il popolo dei Salassi e fondato la nuova colonia". Poi una descrizione dell'antico manufatto: "L'arco, che si caratterizza per la sua severa imponenza, tipica dell'architettura del tardo periodo repubblicano, è a un solo fornice a tutto sesto, largo metri 8,29 come la strada che lo attraversava. I pilastri che lo fiancheggiano presentano ai quattro angoli delle semicolonne su basi attiche sormontate da capitelli corinzi, le stesse che scompartiscono le facciate e i lati. In origine queste superfici erano interrotte dai rilievi con probabile figurazione a trofei che erano collocati nelle quattro nicchie della facciata. Una trabeazione dorica a triglifi e metope chiude in alto quel che rimane del monumento, da secoli privo dell'attico sul quale era apposta, a lettere di bronzo, l'iscrizione dedicatoria. Nel medioevo l'Arco era denominato "Saint-Vout" da una immagine del Salvatore che vi era stata collocata e sostituita in seguito col Crocifisso. Nel 1716 il Conseil des Commis decise di preservare il monumento dalle infiltrazioni d'acqua ricoprendolo con un tetto d'ardesia. L'Arco fu definitivamente restaurato dal negli anni 1912-1913; uno scavo nelle sue vicinanze, risalente ai primi anni del '900, portò alla luce due grandi lettere in bronzo dorato, con tutta probabilità appartenenti all‘iscrizione dedicatoria". Insomma: noi siamo cambiati e l'Arco, usato in duemila anni in vario modo, saccheggiato, ammirato, discusso è rimasto lì, mentre il mondo gli turbinava attorno. All'epoca della prima motorizzazione, purtroppo per lui ci si transitava pure sotto e attorno al 2008, con una rivoluzione del traffico nella zona con la scelta di un nuovo e discutibile ponte sul Buthier, il Comune di Aosta annunciò che finalmente la piazza sarebbe stata pedonalizzata e con questa scelta si sarebbe tutelato il segno distintivo della città e del suo prezioso patrimonio d'epoca romana. Ma poi, per un generale moto di ribellione dei residenti e dei commercianti della zona, la rivoluzione del traffico si arenò e si disse che la pace per l'Arco sarebbe arrivata con nuovi cambiamenti, comprensivi dell'acquisto per abbatterla di quella casa rossa sul fiume che oggi rovina la visuale e che, se buttata giù, dovrebbe anche consentire di costruire una nuova rotonda. Non so, anni dopo, a che punto si sia giunti. Certo è che il povero monumento è ancora vittima del logorio dovuto all'enorme traffico urbano, che ha fatto del prezioso sito una banale rotonda. Se fosse una vendetta postuma dei Salassi si potrebbe sorriderne, ma invece si tratta solo di ritardi e di paura di decidere. Fortuna che il motto di certa politica valdostana attuale dovrebbe essere il decisionismo, il cui contrario - realtà conclamata - è proprio la titubanza. Andrebbero fatte delle cartoline illustrate.