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26 ago 2013

I padiglioni non sono farfalle

di Luciano Caveri

Chi frequenta il mio blog - e vi assicuro che siete sempre in molti e vi ringrazio per la vostra attenzione - sa quanto mi piaccia scavare nelle parole, che sia "etimologia" (da dove deriva una parola) o "semantica" (il significato della parola). Penso, infatti, che troppo spesso ci scordiamo di quanto la parola scritta possa scolpire i nostri pensieri nella relazione gli uni con gli altri e non bisognerebbe mai contentarsi della rozzezza del linguaggio corrente, che è ben rappresentato - nella banalizzazione dello scritto - dagli sms. Per occuparci di una parola, un pensiero di partenza: l'altra sera, ma d'estate capita molte volte, ammiravo con orrore (che credo sia un "cacofemismo" o forse un "ossimoro"?), un padiglione di una sagra popolare. Un bestione plasticato, spiaggiato come una balena in un gradevole spiazzo erboso. Non so nel cuore dell'estate quanti ce ne siano di montati in Valle d'Aosta, credo parecchi e immagino che il business sia di notevole valore e i prezzi dell'impianto, per avere queste strutture a disposizione, non sono per nulla banali. E mi sono detto: che dire del "padiglione"? Nel tempo ho già parlato degli orrori di cemento, ricordando Goffredo Parise, che se la prendeva negli anni Settanta-Ottanta con i capannoni che avevano stravolto il "suo" Veneto e in certe zone della Valle d'Aosta questa reprimenda vale del tutto. Ma mentre il termine "capannone" pare sia stato usato per la prima volta nel 1884, quello "padiglione" è ben radicato e starebbe in origine "per tenda da campo destinata in passato a sovrani e condottieri" per diventare in seguito "edificio isolato, destinato all’esposizione di merci e prodotti in mostre e fiere". L'origine è poetica, dal latino papiliōne(m) (nominativo papilĭo) "farfalla", usata anche per "tenda militare" per la somiglianza delle cortine alle ali della farfalla. Ma di poetico ormai c'è poco e, tranne qualche padiglione che ho visto in Svizzera, che mi pareva piuttosto gradevole per architettura e per materiali, il trionfo della plastica o cose simili mi sembra che qui da noi crei una visuale paesaggista esterna brutta e un ambiente interno poco salubre. Segnalo il problema, ma non la soluzione. Sarebbe bello fare un concorso di idee che consentisse di inventare soluzioni nuove oppure fare quello che raramente si fa in Valle: andare a vedere cosa sia stato fatto altrove. Scelta che resta basilare, perché lo sviluppo della società umana passa anche attraverso la copiatura o l'imitazione. Per migliorare, certo!