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24 lug 2013

Bolle di sapone sull'Expo 2015

di Luciano Caveri

Confesso le mie colpe: pur ritenendo di essere una persona di cultura media e discretamente informata, giuro che mi sfugge del tutto a che cosa serva l'Expo di Milano 2015. Ne ho letto e sentito parlare, in un vorticoso annuncio di cifre monstre di giro d'affari, di costruzioni, di espositori e di visitatori, ma - fatti salvi i costi enormi per ospitare la manifestazione in un periodo di "vacche magre" (elegantemente "spending review") - sono fermo al punto di prima. Naturalmente per mia totale ignoranza e, probabilmente, per provincialismo. Così, per farmi un'istruzione e per capire, sono finito sul sito - facile da rintracciare e in versione solo bilingue francese-inglese (pochino per chi si occupa di una dimensione universale) - del "Bureau International des Expositions", che ha sede a Parigi e che è nato, sulla base di accordi internazionali, nel 1928, diventando funzionante nel 1931. Mi permetto di osservare che sono date mica tanto fortunate fra la crisi di Wall Street e il misto di vicende che porteranno agli orrori della Seconda guerra mondiale. Lì sul sito trovate tutto quel che ci vuole per acculturarsi, in un corso accelerato che spazia dal primo "Expo", che viene considerato quello di Londra del 1851, sino alla candidatura in corso per il 2020, che se ho ben capito - cartina di tornasole delle contraddizioni mondiali - se la stanno giocando Dubai per gli Emirati arabi, la russa Ekaterinburgk negli Urali, Izmir in Turchia e San Paolo in Brasile. L'Occidente in crisi mi pare che si tenga alla larga, ma è un'impressione superficiale. Noto, in seguito, che sul sito i casi della vita fanno sì che si mischi l'imminente sede di Milano con la sede in preparazione del 2017, Astana, Kazakistan, l'ex Repubblica dell'Unione Sovietica, oggi sotto il pugno di ferro di Nursultan Nazarbayev. Anche qui il destino è beffardo, della serie destini incrociati. A che cosa servirebbe l'Expo lo dice, in sintesi, l'organizzazione internazionale che se ne occupa. Leggiamo: "D'abord outils au service de la promotion de l'identité nationale, du progrès industriel et des consommateurs éclairés, les Expos sont devenues aujourd'hui une plate-forme unique pour le dialogue international, pour la diplomatie publique et pour la coopération internationale. C'est le seul événement international de cette envergure dont les règles sont approuvées par les gouvernements des pays membres de l’organisation. L'unicité des Expos repose sur trois piliers: leur portée universelle, leur échelle internationale, leur legs culturel et urbain durable. En conséquence, les Expos offrent aux visiteurs une véritable expérience transformationnelle, permettent un dialogue sans cesse renouvelé avec les citoyens et contribuent au renforcement de la coopération entre les pays". Capisco che è come chiedere all'oste se il vino è buono, ma direi che le ragioni sono esposte correttamente, a parte qualche espressione genere "expérience transformationnelle", che non so bene che cosa possa essere. Io mi sono formato, scartabellando i "pro" e i "contro", un'opinione nuda e cruda: il "Bureau" è un gigantesco ente inutile e l'Expo un retaggio del passato, che oggi serve ad alimentare costose e spesso inservibili opere pubbliche. Penso, però, che i miei pensieri siano come "bolle di sapone", perché ormai Milano non si può più fermare, anche se - ad un passo dall'evento - ho l'impressione che tutto proceda a passo di lumaca.