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16 lug 2013

Parlamento "vuoto"

di Luciano Caveri

Questa storia delle Camere che non lavorano per un giorno, come ritorsione sul caso "Berlusconi-Mediaset", non la capisco per niente e mi sono dato, quando ho letto la notizia, qualche pizzicotto per capire di essere ben sveglio. Sarò ottuso e mi sfuggiranno le tattiche protestatarie, ma non sarei stato clemente nell'accettare la bislacca richiesta del Popolo della Libertà, che scambia le istituzioni con problemi di partito, che poi riguardano per l'ennesima volta Silvio Berlusconi. Per altro, capisco che tutto ruota attorno alla sopravvivenza del Governo Letta e le larghe intese sono come una coperta troppo corta, che non riesce a coprire l'anomalia italiana di un'alleanza fra avversari politici e vorrei essere una mosca al Consiglio dei Ministri per vedere come fanno a discutere argomenti - se lo fanno - su cui la vedono in modo diverso. Giratela come volete, ma alla fine il logoramento è evidente e la vulgata del continuo rinvio è rozza e ingiusta verso l'Esecutivo accusato di "tirare a campà", ma ormai l'impressione si è fatta strada come vernice indelebile. Questa storia della protesta è come quando a scuola - per protestare contro i "cattivi", in genere i Ministri della Pubblica Istruzione - si faceva tutti assieme ( ed io, pensa te, ero della "Jeunesse Valdôtaine") l'okkupazione e questo ad Aosta - oltre a discussioni e autogestione - era anche il tempo (delle mele, per i turbamenti) dei panini con peperone e acciuga e del vino bianco frizzante del bar "Papà Marcel" con musica e politica nelle aule del vecchio Liceo tra chitarre e ciclostile. Ma il Parlamento non è un'assemblea studentesca e i parlamentari non sono degli adolescenti brufolosi. Certo che non mi sfugge - nel tentativo, forse mal riuscito, di farne una caricatura - la questione politica: la fissazione già a fine mese della causa che porterà alla sentenza definitiva su uno dei tanti processi del Cavaliere rischia di farlo uscire dal Parlamento per mano di un'ineleggibilità dovuta all'interdizione dai pubblici uffici. Un rinvio all'autunno della sentenza avrebbe avvicinato la prescrizione e dunque avrebbe consentito al PdL di mantenere il proprio leader in attesa di nuove burrasche. Insomma: quando al mattino leggo sul Web i quotidiani svizzeri la tentazione dell'espatrio è sempre più forte e non per motivi fiscali, come Sergio Marchionne. Parafrasando Leopardi: "e il naufragar m'è dolce in quella noia".