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27 giu 2013

La montagna e i suoi pericoli

di Luciano Caveri

Il tema doveva essere "Montagna, nome femminile di luogo", ma lo scrittore Erri De Luca a Valsavarenche - che ho intervistato, se così si può dire, perché il soggetto è difficile - si è espresso anche sull'attualità che domina i giornali di oggi. Mi riferisco ai sei alpinisti, divisi in due cordate da tre, morti ieri - per sfortunata combinazione - sulla stessa montagna, il Gran Zebrù, in tedesco Königsspitze, che significa "Cima del Re", che segna il confine regionale fra Alto Adige-SüdTirol e la Lombardia. Il commento di De Luca non ha avuto nulla di tecnico, ma ha segnalato come andare in montagna sia un piacere e un divertimento, con molti rischi connessi, e che il vero dramma - lo ha detto con quella sua conversazione asciutta che non è fatta per piacere - sono gli incidenti sul lavoro, parola di uno che ha fatto l'operaio edile prima di diventare scrittore. Può suonare sgradevole o no, ma è la cruda verità: nessuno ti obbliga a raggiungere le alte cime. Se ci vai è una sfida con te stesso, con le tue capacità e con l'imponderabile, che in montagna può essere un sasso che ti casca in testa, un seracco che si stacca e ti massacra, due notti all'addiaccio e muori congelato e via di questo passo, compreso l'errore fatale di un compagno di cordata. Ha ragione De Luca, alpinista per i casi della vita, perché il papà fu un napoletano incorporato negli Alpino in guerra in Albania (e ricordava il "Montagnes Valdôtaines" dei nostri), quando dice che nessuno in montagna - professionista o amatore che sia - è risparmiato dai possibili pericoli. Ora ai rischi si aggiunge un nuovo rischio, in qualche zona dell'Himalaya, come emerge la notizia di ieri da Islamabad: "In Pakistan è stato rivendicato nelle scorse ore il tragico e incomprensibile attacco terroristico sulle montagne del Pakistan nel quale stanotte almeno nove alpinisti, con la loro guida pakistana, sono rimasti uccisi al campo base del Nanga Parbat, nella zona di Fairy Meadows sul versante Diamir. A rivendicarlo sono stati sia i Talebani che un gruppo minore di militanti estremisti chiamato Jundullah". Notizia grave, che cambierà in profondità - lo abbiamo commentato con De Luca - il costosissimo turismo alpinistico, per i diritti esosi chiesti dai diversi Paesi di quella catena montuosa,che separa India, Pakistan, Nepal e Bhutan dalla Cina, per ottenere i permessi. Da oggi i Talebani hanno trovato un modo nuovo per spargere sangue e paura.