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07 feb 2013

Oggi per domani

di Luciano Caveri

In politica la lotta è rude e, dato per scontato che si dovrebbe almeno restare nel limite del diritto (ma, come osservava un amico, c'è anche in questo il... "rovescio"), non si guarda troppo al Galateo. Jacques Attali, spin doctor che se ne intende, ha scritto: "La politique, même la plus généreuse, n'est pas affaire de bons sentiments". Io qualche battuta in campagna elettorale la faccio - ci mancherebbe - ma non dimentico mai che se qualcosa oggi non funziona nel rapporto fra cittadino e opinione pubblica è proprio l'impressione che, al posto di parlare di argomenti concreti, si scada in una logica da lite da pollaio. Un esempio tangibile è in corso: c'è chi usa la campagna elettorale per le elezioni politiche solo come trampolino per le elezioni regionali. Certo, per così dire, lo fanno tutti, visto l'evidente connessione fra il 24 e 25 febbraio ed il successivo 26 maggio. Una vasta prateria in cui già oggi, come nel "Far West", ognuno cerca di piantare i paletti per i propri confini. È tuttavia bene che il cittadino-elettore sia vigile. Chi parla di problemi tutti valdostani lo fa con un'operazione in cui al posto di parlare del tema, cioè i rapporti con Roma e dintorni, occupa spazi futuri per piacere alle elezioni regionali. Niente di strano, ma se al posto di un programma elettorale - come se fosse il "bugiardino" di una medicina che segnala certi rischi o un pesce manifestamente surgelato nel menù di un ristorante - andrebbe messo un asterisco genere: "valido per le elezioni regionali". E' indubbio che la politica paghi pesantemente una crisi complessiva dei meccanismi secolari della democrazia. Le organizzazioni come i partiti, cinghia di trasmissione fra cittadini e istituzioni, appaiono logore e Governi e Parlamenti non sembrano più in grado di reagire ai cambiamenti in atto. Questo sembra autorizzare le scorciatoie, com'è avvenuto con Mario Monti e come si manifesta con i partiti personalisti (Silvio Berlusconi, Antonio Ingroia, Augusto Rollandin...), che portano all'idea che soluzioni autoritarie sono un metodo per rendere le cose più semplici. E invece bisogna trovare formule nuove di cittadinanza consapevole e di democrazia rappresentativa.