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10 ott 2012

La politica europea di prossimità

di Luciano Caveri

Il mio modo di pensare è noto: ho le mie radici e la mia identità, ma mi sento sempre cittadino del mondo. Ma se va benissimo qualunque forma di esotismo, ci tengo a dire che ci sono posti a noi vicini che sono rassicuranti e assieme terreno di un confronto politico di prossimità. Ci pensavo l'altro giorno a Chambéry, chiamato a discutere dei giovani e la montagna in Europa. Quando vado nella Capitale della Savoia, mi sento a casa mia, come avviene con molte altre località d'Oltralpe. Lo è - nel caso di Chambéry - per ovvie ragioni dovute alla lunga storia comune specie sotto Casa Savoia, che hanno formato una città in cui mi riconosco, compresi i tratti culturali in cui ci si può in parte specchiare. Vi è poi la prossimità geografica che rende l'ambiente naturale familiare, come avviene nella comune logica "Plaine - Montagne". Il quadro di rapporti politici oggi si esprime nella cooperazione transfrontaliera, come si diceva anni fa, intendendo con questa espressione una politica di vicinato che spezzasse la logica ostile dei confini di un tempo, in parte un ritorno al passato reso ostico da sistemi istituzionali non molto omogenei e da una marcata "francisation" dei nostri vicini savoiardi. Oggi si usa maggiormente il termine più logico, specie in ambito europeo, di "cooperazione territoriale", che ha preso atto anche nel lessico della fine delle frontiere. Per fortuna la vicinanza e l'interscambio millenari sono un fatto molto più profondo degli Stati che hanno inglobato popolazioni molto simili, separate dalle circostanze succedutesi nelle diverse epoche sino all'attuale. Basta poco per ritrovarsi e non solo su aspetti del passato, che hanno un filo logico da condividere, ma anche su problemi concreti da risolvere o perché in comune o perché analoghi territori innescano soluzioni da confrontare sulle stesse tematiche.