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17 lug 2012

Tornando sul Monte Bianco

di Luciano Caveri

Quando il ministro dell'Interno francese, Manuel Valls, in visita a Chamonix per la tragedia della montagna, ha sottolineato - plaudendo alla solidarietà dei soccorritori valdostani - che in montagna «non ci sono confini», penso davvero lo abbia fatto senza sapere di aver messo il dito in un vespaio. E' vero, infatti, che i protocolli firmati fra la nostra Valle e le autorità francesi hanno ben regolamentato i movimenti sul massiccio del Bianco, dando massima libertà ai rispettivi soccorsi alpini, prevedendo in particolare che non ci siano impedimenti agli elicotteri per i loro voli. Ma è anche vero - e penso che Valls non sia stato informato - che resta irrisolta la disputa sulla frontiera lungo la cima della vetta più alta d'Europa. Avendone parlato diverse volte, ne farò un riassunto succinto. All'epoca del distacco della Savoia dallo Stato Sabaudo non ancora Regno d'Italia nel 1860, i Trattati internazionali si occuparono anche della vetta, prevedendo che la linea di confine corresse per consentire un'equanime ripartizione. Poi. qualche anno fa, a fronte di una cartografia francese che si era "impossessata" dell'intera cima, era nata una Commissione bilaterale di diplomatici e di esperti dei due Paesi per dirimere la querelle, ma i lavori terminarono con un nulla di fatto. Della vicenda mi occupai a lungo come deputato della Valle d'Aosta e di recente un parlamentare europeo mio amico, Niccolò Rinaldi, ha chiesto informazioni alla Commissione europea, stante il valore simbolico di questa montagna. Pensate i casi della vita, proprio mentre si svolgeva la sciagura sul Bianco, Niccolò mi scriveva questa mail: "Ciao Luciano, su "Google maps" la frontiera è tutta francese, e pare che questa sia una novità. Naturalmente la cosa ha ricaduta notevole, perché cittadini, studenti, studiosi di tutto il mondo si abbeverano al vangelo di Google. Ne sai niente?". E io gli avevo risposto semplicemente che lo sapevo bene e che questo deriva dal fatto che Google impiega per quella zona l'"incriminata" cartografia francese, cui l'Italia pigramente sembra non aver più intenzione di reagire e penso che a questo punto dovrebbe il nostro Consiglio Valle a suonare la sveglia e me ne occuperò. Ho già detto che, in epoca d'integrazione europea, certe dispute possono essere insensate, specie per chi - come i valdostani - non sono affetti da "nazionalismi nazionali" (scusate il raddoppio). Tuttavia gli accordi storici non sono carta straccia e dunque certi chiarimenti vanno fatti, non fosse che oggi i francesi potrebbero smentire una nostra pubblicità che dicesse qualcosa del genere: "Valle d'Aosta, sin sulla vetta del Bianco". Sono lieto a questo proposito di dirvi che il grande geografo e storico delle Alpi, Paul Guichonnet, in una lettera di suo pugno, pur essendo francese, mi ha detto che la Francia ha torto nella sua cartografia, perché la ricostruzione storica - come egregiamente fatto più volte dai coniugi Aliprandi, esperti italiani - chiarisce senza dubbio il principio dello spartiacque sulla cima e dunque la "comproprietà". Insomma: la questione va chiarita e non per stupido sciovinismo, ma per onestà intellettuale per evitare che un giorno, ad esempio per un qualche incidente di montagna sulla cima - possa scoppiare un caso di competenza territoriale fra magistratura francese e italiana per l'evidente paradosso di carte geografiche così diametralmente diverse sullo stesso pezzo di territorio.