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09 lug 2012

La rivoluzione dei vecchi

di Luciano Caveri

Quando ero bambino e poi ragazzo, erano rare le persone anziane che al mare andassero in spiaggia. Lo dico con cognizione di causa perché dai sei mesi ai vent'anni ho passato la gran parte delle mie estati a Imperia, città di origine di mia madre Brunilde (le sue sorelle Floriana e Agostina dimostrano l'originalità dei nomi di battesimo). Gli anziani non amavano mostrarsi in costume e chi veniva al mare lo faceva quasi con un intento terapico che fossero le sabbiature, l'esposizione al sole o i bagni in mare. Il mondo degli stabilimenti balneari era fatto per i giovani, gran maggioranza in epoca di "baby boom". Sensazione che mi ha accompagnato quando ho cominciato ad andare in vacanza da solo, specie al "Club Med", luogo di divertimento e di una trasgressione all'acqua di rose. Anche in quel caso erano i giovani i protagonisti e le rare persone di una certa età correvano il rischio di apparire come dei reduci di un'età che non era più la loro. Oggi un qualunque villaggio vacanze mostra l'evoluzione demografica, con una società fatta da una maggioranza di categorie di età sempre più avanzate e questo ha coinciso con un profondo cambiamento nel costume. La vecchiaia si sposta più in là con l'aumento della possibilità di vita, i pensionati di certe generazioni sono quelli che hanno solidità finanziaria e capacità di spesa, gli anziani hanno smesso i panni dei vecchi di un tempo e anzi si afferma un giovanilismo senza steccati e una scocciatura verso i modelli imposti un tempo verso la categoria del "vecchio", quando uno della mia età odierna aveva già varcato le porte della vecchiaia come dimostrato dalla letteratura del passato. Questa è una delle rivoluzioni vere della nostra epoca, che influenza profondamente la nostra società e pure la politica. Non a caso nessun "giovane" è ministro nel Governo Monti e la televisione è fatta in prevalenza dagli stessi personaggi di quando ero ancora giovane!