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25 giu 2012

Quando ci si dovrebbe informare

di Luciano Caveri

La notizia giunge da Bruxelles: "Uno dei modi per ''diminuire e razionalizzare'' la spesa pubblica potrebbe consistere ''nell'accorpamento delle 21 delegazioni regionali presenti a Bruxelles in un'unica sede con servizi in comune'': è quanto chiedono alcuni eurodeputati italiani in un appello rivolto al Governo". Uno casca dal pero e si chiede, dedicandosi prima al metodo, che cosa c'entri il Governo centrale su una materia di questo genere, che investe l'autonomia regionale e non il centralismo romano. Sarebbe stato bene che, se in buona fede, i parlamentari europei avessero posto il tema alla "Conferenza dei Presidenti di Regione", magari dopo aver interloquito - per evitare la gaffe e capire il funzionamento e il coordinamento delle sedi regionali - con chi rappresenta le Regioni al "Comitato delle Regioni" proprio a Bruxelles. Come capo della Delegazione italiana del Comitato, avrei potuto raccontare loro la fatica che feci da deputato all'inizio degli anni Novanta per consentire l'apertura di queste sedi. Approvando una norma da me proposta, dopo molti batti e ribatti, riuscii a sconfiggere la linea ottusa del Ministero degli Affari Esteri che considerava la politica comunitaria come politica estera e dunque di stretta competenza dello Stato. Oggi tornare indietro, con un Governo che "accorpa" con la logica "manu militari", fa ridere i polli e viola il principio di sussidiarietà alla base dell'Unione europea. Ma perché dovrebbe essere fatto? Sentite una delle motivazioni, secondo la quale diventerebbe ''più efficace il coordinamento tra le politiche regionali dell'Ue'', evitando che si ripetano ''i mancati utilizzi di molti fondi stanziati per il nostro Paese''. Che l'Italia (leggi "Sud") abbia difficoltà di spendere i fondi strutturali è vero, ed è una vergogna, ma le sedi regionali a Bruxelles non c'entrano nulla, come sarebbe stato facile appurare facendo due parole con chi se ne intende. L'iniziativa è stata sottoscritta, a dire il vero, da sei dei 72 europarlamentari italiani (Cristiana Muscardini (Fli), Gianluca Susta (SeD), Niccolò Rinaldi (IdV), Antonio Cancian (PdL), Licia Ronzulli (PdL) e Tiziano Motti (UdC)), per cui si tratta di una spiacevole azione solitaria. ''Controllare la spesa pubblica è la strada per ridare fiducia ai cittadini e rendere il sistema adeguato alle nuove necessità'', si afferma in una nota - dunque l'iniziativa è partita da lei - della Muscardini, esponente di estrema destra, sulla scena politica da quarant'anni e giunta ormai alla quinta legislatura in Europa (anni fa attaccò anche la Valle d'Aosta al Parlamento europeo). Già che c'erano i deputati italiani chiedono inoltre la chiusura dei ''157 uffici all'estero delle Regioni italiane che potranno avvalersi delle ambasciate e dei consolati italiani nei paesi extra-Ue''. Benissimo "tagliare" sprechi se ce sono, ma magari - visti i costi - chiudiamo le ambasciate inutili, cominciando - visto che siamo tutti cittadini europei - dai Paesi dell'Unione europea. Bastano e avanzano i consolati.