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01 giu 2012

Quell'applauso dei giovani

di Luciano Caveri

I segni del disagio sono da leggere come i sintomi che consentono di definire la diagnosi di una malattia.  L'altro giorno, fuori Valle per una conferenza, seguo gli interventi, mentre penso a cosa dire quando verrà il mio turno. D'improvviso l'oratore prima di me, un giovane siciliano ricercatore ad Oxford, inizia a parlare di pensioni e se la piglia con i pensionati che prendono più di tremila euro al mese. In platea ci sono molti giovani e a loro, in un "j'accuse" concitato, indica quei pensionati come dei "nemici" che vanno combattuti perché i loro privilegi, che arrivano dal passato, "rubano" soldi alle generazioni di oggi. Applausi a scena aperta. Scena analoga quando lo stesso oratore se la piglia con la gerontocrazia della politica (e del sindacato «dove - dice testualmente - la maggior parte dei tesserati sono i vecchi») che impedisce ai giovani di emergere. Si ripete l'acclamazione a scena aperta. Ieri sera riunione del direttivo della sezione UV di Saint-Vincent. Si discute, con il presidente Ego Perron, di tutta l'attualità politica. Fra le altre cose, emerge il tema dei giovani e del loro disinteresse per la politica. Basta guardarsi attorno: nessuno dei presenti ha meno di quarant'anni. Potrei continuare con altri esempi che mostrano come sia avvenuta una rottura crescente fra generazioni in Italia e anche in Valle d'Aosta. La "piramide rovesciata" con pochi giovani è il segno dell'evoluzione demografica, cui si sommano i giovani extracomunitari che arricchiscono le classi d'età ma con una quasi estraneità alla società che li ospita. Questa "minoranza" viene esclusa e in parte si autoesclude ed è ben diversa da quando ero io ragazzo e l'impegno in politica era una sorta di esigenza che si manifestava. Oggi cresce il disinteresse e una sorda ostilità per quella che viene vissuta da alcuni come una forma di esclusione dei "vecchi" e basta guardare alla politica per capire che sarà pur vero che i giovani che si impegnano sono rari, ma certo gli spazi per loro sono ristretti. Il Governo Monti, con la maggioranza di ministri sessantenni e settantenni, è l'immagine rappresentativa dei tempi e anche da noi basterebbe mettersi ad elencare le cento personalità che contano per capire come vanno le cose. Sarà bene riflettere sulle contromisure per riaprire il dialogo intergenerazionale, altrimenti sarà dura lavorare sulla continuità della nostra autonomia speciale.