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24 mag 2012

Quella voglia di centralismo

di Luciano Caveri

Ci mancava il terremoto, che è spuntato dalle viscere della terra per far tremare l'Emilia e le zone vicine (anche da noi c'è stata una scossina "locale" questa notte, ma non l'ho sentita). In un periodo già gramo, mentre l'Italia s'interrogava sui perché della rudimentale bomba fatta esplodere davanti alla scuola di Brindisi, la Natura ha dato una scossa delle sue in quella Pianura Padana dove mi pareva di ricordare non ci fosse un gran rischio sismico. Ma è vero che proprio di recente ci sono state riclassificazioni che hanno "peggiorato" il posizionamento anche di alcune zone della nostra Valle. Ma quel che conta è che l'occasione cade purtroppo nel cuore di una discussione per niente banale su due punti. Il primo: in un decreto legge il Governo Monti ha scritto su di un tema che si dibatte da anni. In sintesi: basta soldi pubblici di risarcimento in caso di calamità naturale. Spetta a cittadini e imprese stipulare polizze assicurative. Il ragionamento fila, ma come la mettiamo  con le zone - penso alle zone rosse abitate qui in Valle e soggette a forte rischio certificato dagli esperti - dove nessuno ti vorrà assicurare e come evitare che in altri casi gli appetiti delle assicurazioni di fronte alla obbligatorietà (pensiamo alle speculazioni sulla assicurazione obbligatoria della macchina!) crescano facendo lievitare a dismisura i costi delle polizze? Intanto lo stesso Governo Monti - secondo punto - ha varato una discussa riforma della Protezione Civile che riporta al centro molti poteri e competenze. Una misura centralistica incomprensibile nella logica regionalistica, che lascia perplessi e preoccupati perché mostra un volto del Governo che era già apparso nelle manovre finanziarie. Dopo l'ubriacatura del federalismo farlocco, con la Lega federalista nelle piazze e silente sul punto nei palazzi romani, la logica appare quella non di spingersi affatto su questo terreno del federalismo, come strumento contro gli antichi mali dello Stato in Italia, ma anzi si va verso la contestazione della democrazia locale con tagli draconiani alle finanze e anche togliendo spazi all'autonomia politica e amministrativa. Roma vuol riprendersi spazi di potere: scelta incostituzionale e ridicola, ma molti dei "tecnici" al Governo, formati alla scuola statalista, lì vogliono arrivare e non lo nascondono, sfruttando le emergenze della crisi. Brutta storia ed è ora che il sistema autonomistico batta i pugni sul tavolo e non bastano i ricorsi slla Corte Costituzionale. Ci vuole la politica.