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24 mag 2012

Europeista con giudizio

di Luciano Caveri

Una volta andavo ai convegni sull'Europa e sapevo che, pur graduando l'intervento a seconda dell'età e del livello di competenza del pubblico, sapevo di andare sul liscio. L'Italia è sempre stata, o meglio, si è sempre sentita europeista, anche se poi questo europeismo era spesso di facciata. Una sorta di adesione emotiva, di cuore, di sentimento, raramente corrispondente ad una conoscenza reale in un Paese in cui l'educazione civica di un tempo che ti forniva alcuni elementi essenziali sulla democrazia ormai dipende dalla caratura degli insegnanti e non dalla realtà dei programmi. Così «vincevi facile», basandoti su alcuni elementi di aneddotica e di vita vissuta nelle istituzioni. Ho sempre cercato di stare alla larga dal pericolo più grande: la retorica europeista, una melassa dolciastra che stroncherebbe un diabetico. Ma oggi lo stesso sentimento di disagio ce l'ho rispetto alla nuova retorica emergente, quella anti-europeista. Oggi essere anti-europeista è la nuova moda che sfonda le porte aperte del disagio popolare nella crisi. In questo senso, in modo vago e indeterminato, l'Europa dei capitali, dei burocrati stolti, della democrazia incompiuta diventa il facile "capro espiatorio" della situazione ed in molti sognano di buttare tutto all'aria e di tornare agli Stati del passato, mandando al rogo le banconote dell'euro. A questo sentimento diffuso si adeguano volentieri i politici demagoghi, quelli che seguono gli umori del popolino e si si comportano come dei camaleonti, cambiando colore a seconda delle necessità, pur di piacere. Non vorrei essere equivocato: solo un matto difenderebbe l'attuale Europa e chi è federalista ha una lunga lista di cose che non vanno e che devono essere modificate radicalmente. Ma la soluzione è avere più democrazia e più partecipazione in Europa e non mandare tutto al diavolo, facendo felici i nazionalisti vecchio stampo. A difesa dell'Europa c'è un termine politico ben noto, "balcanizzazione", che sta a significare lo spezzatino di interessi e di visioni che potrebbe rompere quegli equilibri che nel Vecchio Continente hanno spezzato - ormai e per fortuna - quella spirale tremenda che ha insanguinato ogni angolo d'Europa: la violenza resa plastica dalle guerre. Questo basta per sentirsi europeisti consapevoli della necessità di cambiamento. Questo penso e a questo ho fatto riferimento nell’ultima occasione in cui, ieri mattina, ho parlato d'Europa in una "Scuola di formazione" ad Ancona.