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30 mar 2012

L'apertura europea

di Luciano Caveri

Parto domani per Kielce, una città capoluogo del voivodato della Santacroce, una delle sedici regioni della Polonia non molto facile da raggiungere (io arriverò all'aeroporto di Cracovia per poi raggiungerla in bus). Si tratta di una rapida visita, in una città nota nella storia perché nel 1945 fu teatro di una battaglia fra i panzer tedeschi e i carri armati russi e dove, l'anno successivo, ci fu un terribile pogrom contro gli ebrei, che spinse una parte della comunità ebraica - già colpita dalla Shoah - a lasciare il Paese.  Questa presenza è organizzata dalla "Commissione EDUC" del "Comitato delle Regioni" per partecipare ad un convegno sui progetti educativi in chiave europea nel quadro di una Fiera che ospita anche il "Forum nazionale degli insegnanti". Al di là del tema specifico, nell'ultima dozzina d'anni mi è capitato spesso di effettuare visite di questo genere nelle diverse zone d'Europa, prima come Parlamento europeo e poi come "Comitato delle Regioni". Di conseguenza mi ero convinto, in una logica di piccola politica estera della nostra Valle, a effettuare una scelta, perseguita all'epoca della mia presidenza e poi accantonata.  L'idea era quella, accanto ai tre sistemi "europei" cui apparteniamo (quello di prossimità  con le Regioni viciniore, quello del "Sistema alpino" e quello delle minoranze linguistiche), di avere in ogni Paese dell'Unione una Regione (o un equivalente amministrativo, visti i diversi sistemi istituzionali) con cui intrattenere rapporti politici anche e non solo per i fondi strutturali. Spesso si tratta di conoscenze che possono sortire "buone pratiche" da interscambiare nei diversi settori e prospettive interessanti anche per le nostre imprese. Ma queste "finestre" privilegiate sull'Europa sono un'occasione interessante per i giovani delle rispettive comunità per dare in senso concreto alla cittadinanza europea e per fare dei nostri giovani delle persone pronte al dialogo e alla scoperta. Questa visione delle cose si mantiene del tutto intatta ogni volta che viaggio per l'Europa. La nostra forza di valdostani dovrebbe proprio essere quella di non chiuderci mai a riccio al nostro interno e assecondare chi dice che questi interscambi sono una sorta di turismo politico inutile e dispendioso. Certo, per evitare che ci sia spreco di denaro pubblico e di energie bisogna avere idee chiare e lavorare su azioni concrete, come condizione per proseguire il dialogo. Solo in questo modo possiamo essere cittadini europei come protagonisti e non come comparse. Valga per capirci - con i distinguo del caso - una frase del rimpianto Antonio Tabucchi, lo scrittore che ci ha lasciati ieri: "Ascoltare e raccontare, è un po' la stessa cosa. Bisogna essere disponibili, lasciare sempre l'immaginazione aperta".