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23 mar 2012

Il lupo come punta dell'iceberg

di Luciano Caveri

Continuo a seguire il dibattito sul futuro della montagna in Italia, anche se per molti aspetti l'encefalogramma è piatto e fa sorridere che in tempi di "costi della politica", per ora, sull'altare del sacrificio siano finite le sole Comunità montane. Penso che ben altri siano i problemi, ma ci voleva un capro espiatorio e la montagna è finita nella trappola. Eppure, in tempi grami, c'è una parte di amici piemontesi, prevalentemente della valli occitane, che cercano di capire dove andranno a finire le zone di montagna che non hanno avuto - a cause delle vicende storiche - quell'autonomia speciale che, invece, ad altri è stata data. Un osservatorio privilegiato viene dalla lettura del periodico occitanista "ousitanovivo", che sta lottando per la sua sopravvivenza a causa dei tagli operati dalla legge sull'editorio del Piemonte. Fra i commentatori più attivi c'è un amico, con cui sono in collegamento espistolare, che si chiama Mariano Allocco, che da tempo si batte per quelle che lui ostinatamente chiama le "Terre Alte".

Un suo recente articolo mi ha fatto riflettere sin dal titolo provocatorio: "Dietro al lupo, la crisi della montagna". Nelle sue premesse, Allocco osserva la crepa crescente fra "le Alte Terre e la Grande Pianura", aggiungendo che bisogna chiedersi se al centro del problema montagna ci deve essere l'ambiente o l'uomo che lo vive. Entrando nel meriton si occupa di un tema che anche da noi si farà interessante: il ritorno del lupo. E su questo dice: "Questo è un argomento che non va affrontato in termini romantici, bisogna avere consapevolezza di cosa sta succedendo quassù e di quanto costi a tutti in termini economici e sociali. In sintesi la presenza del lupo non è compatibile con l'allevamento, col turismo, con la caccia, con l'utilizzo del territorio e con la vita sui monti così come sono organizzati ora". Questo, d'accordo o non d'accordo, vuol dire parlare chiaro, soprattutto se legato ad una spiegazione successiva: "Il lupo quassù è vissuto come la punta di un iceberg la cui parte sommersa rigaurda l'accesso ai saperi per la gioventù delle terre marginali, la qualità dei servizi, i costi di produzione, lo sfruttamento delle energie rinnovabili, una struttura di rappresentanza che non offre rappresentanza al contado tutto e non solo alla montagna...". Credo che qualche elemento di riflessione ci sia.