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27 mar 2012

Il treno dei desideri

di Luciano Caveri

Il tema del treno in Valle, se analizzato negli ultimi decenni, sembra un fiume carsico. Ogni tanto sparisce nel sottosuolo del disinteresse e poi torna in superficie. Molte le ragioni di questo moto ondivago. Oggi, per rendere interessante la questione, c'è la crescita del prezzo dei carburanti e anche l'azione di gruppi organizzati di pendolari, fra i quali magari c'è qualcuno che confida che ciò valga tra un anno per raccogliere consensi elettorali. Vale, tuttavia, in generale il fatto che il tema accende gli animi sino a un certo punto, forse perché in fondo ci si è abituati da tempo ad un servizio sempre più mediocre, visto che le Ferrovie da molto hanno cessato di essere il concessionario di un servizio pubblico e la Valle è sempre stata trattata come una remota landa coloniale.   L'interesse è sempre di più sulle tratte dove ci sono passeggeri danarosi, come "l'alta capacità", e le nostre linee non rientrano fra queste. Il trasporto pubblici locale è dunque una "Cenerentola" per scelta. Aggiungiamo la storia atipica e disgraziata, di cui verrebbe voglia di dire le complicità, della scelta - che pure qualcuno rimpiange con ovvio reducismo - di avere sulla nostra linea il Genio Ferrovieri, che certo - trattandosi di una linea su cui fare istruzione - non invogliava lo Stato a fare lavori di modernizzazione. Il ritorno alla normalità ha coinciso con il periodo di massima sciatteria del monopolista ferroviario, incapace di dialogare nella sua posizione dominante del mercato ferroviario, chiuso a elementari regole di concorrenza, Un monopolista che, seguendo le mode, ha fatto uno spezzatino societario, divisionalizzato e portato a Roma i centri decisionali, rendendo le decisioni sempre più remote e incomprensibili. L'attuale, intoccabile e potente, amministratore delegato delle Ferrovie, Mauro Moretti, nasce come sindacalista della Cgil al vertice della categoria "trasporti", dimostrando gli strani destini della cogestione "all'italiana". Quando gli parlai della nostra linea si mostrò inventivo e innovativo, ma poi, scendendo giù per li rami, evidentemente il messaggio non è arrivato e le cose sono andate peggiorando. Ora lo Stato immagino pensi di scaricare il "mal di pancia" alla Regione, ma la norma d'attuazione, che ho seguito di persona, prevede certezze con accordi che devono prevedere interventi e soldi. Così lo Stato latita e, in una sorta di "terra di nessuno", la nostra ferrovia langue e anzi arretra e la Regione si dovrebbe già assumere - nell'immaginario collettivo - responsabilità che sono saldamente in capo allo Stato e al Governo. Strano gioco delle parti in cui lo stesso Consiglio Valle discute il futuro e fa bene a farlo, ma senza la concretizzazione della norma di attuazione sul trasporto ferroviario si costruiscono scenari cui è difficile far corrispondere dei tempi certi e con gli attuali chiari di luna nella politica romana tutto è incerto.