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26 dic 2011

A due giorni: il disastro del Cervino

di Luciano Caveri

Il progetto colossale prese la sua forma da una prima intuizione. Fu il sindaco di Montanal, versante francese del Cervino, a sognarselo una notte, dopo aver mangiato una monumentale raclette: un Cervino ricoperto di luci come un gigantesco albero di Natale. Roba da finire nei titoli dei telegiornali di tutto il mondo e di avere gratis una promozione turistica da capogiro. L'indomani prese carta e penna e scrisse ai sindaci di Zermatt e di Valtournenche per proporre l'idea e dar vita al progetto. Nel dubbio scrisse anche a Babbo Natale, che ritenne essere la massima autorità sulle luminarie natalizie. Grazie ai fondi "Interreg IVZ", si fece un primo studio di fattibilità. Il team di esperti in quattrocento pagine, riassunte in un powerpoint in 3D e in Dolby surround, riassunsero il giudizio sui primi passi del progetto in un tacitiano e in parte deludente: «bella idea». Il riferimento all'importanza delle montagne himalaiane e al ruolo dello yak nell'allevamento tradizionale, ingenerò il sospetto che si fosse usato il "copia&incolla" con studi precedenti. Lo studio preliminare venne, invece, bocciato perché non convinsero le palle di dieci metri di diametro da piazzare in parete e neppure la gigantesca stella cometa da ancorare sulla cima. Si scelse alla fine l'appalto integrato con il progetto definitivo assieme ai lavori per realizzare l'opera. La logica del ribasso fece vincere un progetto di un geometra di Carugate con un'impresa di Lampedusa. La scelta ecocompatibile di piazzare delle suggestive torce in legno al posto di moderni led della ditta seconda classificata si rilevò un disastro perché nevicò per tutte le vacanze di Natale come per una maledizione divina. Babbo Natale, intervistato in televisione, si disse sdegnato. L'operazione si concluse con una rapida bicchierata fra gli abitanti dei diversi versanti e la promessa che mai più si sarebbe violata la sacralità del Cervino.