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19 dic 2011

Lettera a Gesù Bambino

di Luciano Caveri

Caro Gesù Bambino, la settimana scorsa ho scritto a Babbo Natale, prendendolo un pochino in giro. Mi ha telefonato poche ore fa dal Polo Nord per confermarmi che non si è offeso per nulla e anzi mi ha assicurato che porterà regolarmente i regali ai miei figli (due sono troppo grandi per crederci ancora, uno troppo piccolo per cominciare a crederci). Grazie: sono molto più permalosi alcuni miei colleghi in politica che, se azzardi una critica, si offendono mortalmente. Scriverò alla Befana che porti loro un sacco di carbone, sapendo che faranno analoga richiesta anche loro. Chiusa parentesi. Caro Bambin Gesù, non so dire nella mia infanzia quante volte ti abbia scritto. Il fatto di essere nato anche io a Natale mi ha sempre dato - lo dico con affettuoso rispetto - quel senso di familiarità che forse con una divinità non bisognerebbe avere.

Ma il racconto della Natalità è così bello che da bambino ad una certa età mi occupavo personalmente del presepe: il muschio, gli specchietti per i laghi, la stagnola per i torrenti (uno aveva anche una casa con la ruota per il mulino) e poi i personaggi. Quelli principali nella capanna, ben posizionati e gli altri sparsi, in una gerarchia da me creata, lungo il cammino verso la stalla. Ho già raccontato come una volta, nell'allestire le luci che assieme alla carta stellata facevano volta notturna, mi fossi preso la scossa e avessi di conseguenza chiesto a mio papà come fosse possibile che stessi lavorando per una cosa buona e mi fossi preso una scarica che mi aveva lasciato i capelli dritti (il salvavita non c'era allora...). Lui all'epoca volterriano (alla religione si riavvicinò alla fine della sua vita, forse nel dubbio che...) mi aveva sostanzialmente sfottuto. Non era mancanza di fiducia, ci mancherebbe e devo precisare che mai citai l'episodio con qualche recriminazione in una letterina a Te indirizzata, ma confesso che ci rimasi male. Dicevo all'inizio di Babbo Natale, che poi scava scava e togli qualche elemento "pagano" che ha formato il suo aspetto e la sua personalità, finisce per essere - come evoluzione di San Nicola - un'emanazione Tua. A lui ho chiesto, nella letterina, una bacchetta magica, che poi dovrebbe essere una bazzecola per chi produce milioni e milioni di giocattoli e in una notte distribuisce tanti di quei doni che non basterebbero tutti gli autotrasportatori del mondo. A Te non posso certo chiedere, ora che - chissà! - ho aggiunto l'età della ragione, di avere un dono materiale, anche se qualche pensiero lo avrei, ma neppur ci penso per non peccare con il solo pensiero e finire in un confessionale in tutta fretta. Allora resta l'armamentario retorico di prammatica. Del genere "tanta felicità", "pace nel mondo", "salute per tutti", "fine delle ingiustizie" e via di questo passo. Per carità, ottime cose e buone intenzioni, ma temo che - finito il Natale - il bagno freddo di un mondo pieno di magagne tornerebbe fuori con tutta evidenza. Dunque circoscrivo e volo basso. Vorrei che tutti assieme, ma che il Cielo ci assista, riuscissimo in fretta a liberarci del fardello della crisi che ci attanaglia. So bene che, nel complesso dell'umanità cui apparteniamo, la nostra condizione di benessere complessivo resta, pur con le dovute eccezioni, enormemente superiore alla povertà della maggior parte dei nostri simili. Ma se questo meccanismo di relativizzazione è utile, nulla toglie alle preoccupazioni e alle paure che abbiamo legittimamente. Per cui questa lettera a te, come fonte di conforto e speranza, credo che ognuno la possa indirizzare a se stesso. Termino con la poesia a Te dedicata da Umberto Saba: "La notte è scesa e brilla la cometa che ha segnato il cammino. Sono davanti a Te, Santo Bambino! Tu, Re dell’universo, ci hai insegnato che tutte le creature sono uguali, che le distingue solo la bontà, tesoro immenso, dato al povero e al ricco. Gesù, fa’ ch’io sia buono, che in cuore non abbia che dolcezza. Fa’ che il tuo dono s’accresca in me ogni giorno e intorno lo diffonda, nel Tuo nome". Vedo che l'uso del "tu" è persino usato in poesia. E dunque permettimi un saluto di cuore.