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23 nov 2011

La fragilità degli indignados

di Luciano Caveri

A me questa storia degli "indignados", nella versione originale e nelle ricopiature internazionali, non convince dal punto di vista politico.  Capisco le proteste e molte delle ragioni che ne sono all'origine, perché solo chi è in malafede può far finta di niente. Siamo in un mondo sottosopra e i punti cardinali sono spariti. Invece mi sembrano vaghe le proposte concrete e questo passaggio è indispensabile per essere credibili. Certo che è più semplice per chi è contestatore occuparsi della "pars destruens" più che della "pars costruens".

Così le elezioni in Spagna - patria del fenomeno protestatario - sono state la prova del nove, perché a vincere è stato il partito popolare e cioè chi immagino sia considerato da tutti assai distante dalle culture protestatarie di piazza. Gli "indignati" in Italia sono ancora politicamente indeterminati in un'area fra estrema sinistra e "grillini". Direi un'area d'opposizione e d'antagonismo in senso culturale. In Valle è l'estrema sinistra già comunista o verde. In molti sono l'anima di proteste di ieri e di oggi: dall'ospedale al pirogassificatore, dall'aeroporto alle strade interpoderali e via di questo passo. Vedendo certi esponenti di petizioni incontri conoscenze di vecchia data, compresi dei professionisti del "niet", cui raramente segue una proposta alternativa credibile.  Questa non è una forza ma una debolezza per una vasta area, per così dire, riformista e trippa per i gatti del conservatorismo di tutti i colori. Dirlo potrà apparire sgradevole, ma è la triste verità.