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19 nov 2011

Meno male che c'è il Natale

di Luciano Caveri

Ci vuole nella vita un po' di leggerezza come antidoto contro le vicende difficili e spiacevoli. E anche contro quelle persone - essendo noi, con Aristotele, "animali sociali" - che, a diverso titolo nella quotidianità, nobilitano il  motto dantesco «non ragionar di loro, ma guarda e passa». Sono stato a Vienna e mi sento già natalizio. Mica sono fessi gli eredi dell'Impero austro-ungarico: loro assecondano i gusti propri e quelli dei turisti, iniziando presto con grandi mercatini natalizi fra ninnoli, babbinatali, presepi, candele e leccornie di vario genere, ipercaloriche solo a vedersi.  Questi mercatini erano una volta un'esclusiva del mondo germanico a smentire la presunta freddezza teutonica (di cui avevo già capito l'infondatezza all'Oktoberfest), mentre ormai si sono diffusi dappertutto. E' un segno positivo, perché ciò significa che le cose belle - e non solo quelle brutte - possono essere contagiose.  Posso dire che, in questa epoca grigia, il Natale, pur appesantito dal consumismo, è un conto alla rovescia consolatorio. Capisco che irrompe con un certo, crescente anticipo, ma è un'attesa più gioiosa dell'ennesima Finanziaria. Poiché sulla Natalità non si scherza, resta quel buffo signore che è Babbo Natale. Lui non tradisce mai le attese: il suo look, celebrato dall'iconografia della "Coca-Cola", è una certezza e non cambia di anno in anno e non è soggetto a crisi di Governo. Le renne ci sono, la slitta anche ed è il solo caso in cui puoi scrivere gratis per avere un regalo e qualcosa, alla fine, arriva!