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14 nov 2011

Le regole fondamentali

di Luciano Caveri

Capisco benissimo il dispiacere che avranno in queste ore i Ministri del Governo Berlusconi, costretti a fare gli scatoloni per andarsene dal proprio ufficio. A me è capitato diverse volte nel passare da un incarico all'altro, che fosse ascendente o discendente poco importa. Ogni volta si perde un pezzo di qualcosa e bisogna affrontare delle novità, che poi sono il sale della vita per non morire di routine. Bisogna imparare a cavare quello che c'è di buono in ogni situazione. D'altra parte la politica è fatta anche di questo e finché si fa parte del gioco bisogna accettarne le regole senza troppe scene. Anzi, ho sempre ritenuto, per quanto sia difficile farlo, che bisogna comportarsi sportivamente e ci sono regole di "bon ton" che vanno sempre rispettate nel rapporto fra avversari nella vita e certo anche in politica.

Bisognerebbe poi avere qualche cosa di ancora più profondo, quando si sceglie un impegno pubblico. Si tratta di quell'insieme di comportamenti che andrebbero sotto l'etichetta "rispetto delle istituzioni". Chiunque ottenga un incarico elettivo, non è niente altro che una persona chiamata solo temporaneamente, pur a durata variabile, ad occuparsi del patrimonio collettivo che certo non gli appartiene. Questo impegno deve avvenire seguendo un altro precetto: il dovere, qualunque ruolo si assuma, di confrontarsi con gli altri. Non perché non si debba decidere in tempi rapidi o si debba venir meno alle proprie convinzioni, ma perché solo il confronto, pur con la rapidità che i nostri tempi richiedono, consente di maturare scelte giuste e oculate. Questo significa un impegno di tutte le parti che partecipano alla discussione di attenersi, come devono fare maggioranza e opposizione con i regolamenti parlamentari parlamentari, a norme di comportamento reciproco impronate al buonsenso e al rispetto delle idee diverse degli uni e degli altri. Se questo vale nelle istituzioni, a maggior ragione deve valere nei partiti, quelle forme organizzate di cittadini che consentono alla politica di avere un metodo di confronto sistematico. E tutte le Costituzioni assegnano a queste associazioni particolari un ruolo motore nella vita pubblica. Ma anche in questo caso è la democrazia che fa la differenza e per questo ho aborrito in questi anni la deriva "personalistica" dei partiti, trasformati spesso in macchine troppo legate a singole e solitarie personalità. Questo stride con la logica democratica, che ha bisogno di più voci e di un clima di confronto reale e mai artificiale in cui l'affermarsi di leader è del tutto naturale se questa affermazione di persone trascinanti e carismatiche non diventa occasione per violare le regole fondamentali di convivenza politica. Non penso che siano parole al vento e certe storture sono e restano alla base del partito che più si sta affermando in Italia e anche in Valle d'Aosta, quello degli astensionisti, che rinunciano al proprio diritto di voto perché in troppe occasioni hanno visto certi malfunzionamenti e ciò ha legittimato la loro scelta di non interessarsi più.