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12 nov 2011

Voltare pagina

di Luciano Caveri

Ero ieri sera nella bella sede della Baviera, un palazzo signorile nel parco di fronte al Parlamento europeo a Bruxelles, quando è giunta la notizia delle dimissioni rese al Quirinale da Silvio Berlusconi e che diverranno concrete dopo il voto parlamentare sulla "legge di stabilità" (con il famoso maxi emendamento in parte conseguente alla lettera d'intenti indirizzata alle autorità comunitarie). La notizia non ha avuto ripercussioni nel corso dell'incontro dedicato alla "macroregione alpina", che per la prima volta vede molto interessata l'area germanofona, sinora tiepida sul tema. Ma Berlusconi dominava l'attesa dell'inizio e il post incontro nel foyer fra un bretzel e una birretta. Si incrociavano i commenti fra italiani e gli altri europei, come per altro confermato questa mattina sulla stampa internazionale che ha dedicato un vasto spazio all'evento e alcuni editoriali danno il senso dell'abisso in cui si percepiva dall'esterno che fossimo precipitati. Si sa - e l'ho scritto anche qui più volte, dispiacendo ad alcuni - come l'immagine del Cavaliere fosse irrimediabilmente degradata nell'ambiente europeo, senza distinzione fra gli schieramenti politici. Compreso quel Partito Popolare Europeo, cui Berlusconi faceva spesso riferimento (e qualcuno lo scimmiottava anche in Valle) e nel quale - per quanto le componenti siano varie - i  vizi privati e certi comportamenti pubblici del Premier italiano stupivano. Vedete non sono tanto le battute di spirito o gli sfottò che pesavano. Quelli ci stanno sempre e in politica non sono mai mancati e diventano un gioco reciproco con cui ognuno punzecchia il collega. Ma il periodo del riso era finito da tempo: era subentrato un ridere amaro anche perché la situazione economico-finanziaria dell'Italia era ben chiara a Bruxelles e la svagatezza e il battutismo berlusconiani irritavano in modo crescente. Il rischio di bancarotta di un Paese come l'Italia suonerebbe come una campana a morto non solo per il sistema monetario dell'euro, ma minerebbe il futuro dell'Unione europea. "Essere italiani" ha voluto dire, specie in quest'ultimo periodo, capire di essere vittime di un pregiudizio, che derivava sin dall'origine dell'anomalia di un uomo d'affari paracadutato in politica e che pure aveva avuto un'ampia e ripetuta fiducia dell'elettorato di cui bisogna essere rispettosi. La crescente deriva è apparsa evidente sino ad arrivare ai fatti più recenti, esemplari nell'ultima e disastrosa conferenza stampa al summit di Cannes. Ora dominano attese e incertezze e l'Europa guarda all'Italia con apprensione e tuttavia anche con fiducia. Voltare pagina è sempre difficile, ma bisogna farlo in fretta senza più indugiare sulla vergogna provata.