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06 nov 2011

In tema di liberalizzazioni

di Luciano Caveri

Mi sono trovato ieri a Bruxelles a parlare di liberalizzazioni e privatizzazioni in Europa: un tema complesso, cui magari dedicherò un "Calepin", perché stringerlo in un post è difficile. Vale la pena, invece, di vedere - in ordine sparso e con qualche possibile omissione involontaria - i pro e contro in Valle in questi anni attraverso esempi concreti.  Iniziamo dai pro, che sono meno. Come non ricordare la privatizzazione della siderurgia di Stato, senza la quale oggi la "Cogne" non ci sarebbe più da venticinque anni. Ciò riguarda anche il mercato elettrico: senza le norme europee l'Enel non avrebbe mai venduto le centrali, occasione propizia anche per dimostrare che non era più monopolista, e mai sarebbe altrimenti nata la "Cva" con il suo ruolo di produzione e di vendita. Positivo sarà anche il futuro appalto per l'esercizio dei treni per uscire dalla sciatteria di "Trenitalia", ma la gara sarà complessa, specie per avere i treni bimodali diesel-elettrico (a proposito: avevo ragione io...). Interessante dovrebbe essere anche la liberalizzazione nel settore del gas metano, ma bisogna avere delle idee per sfruttare la chance sul nostro territorio per dare un senso al metanodotto. Per ora "Cva" preferisce occuparsi di energia solare fuori Valle. Gli aspetti negativi abbondano: un disastro la privatizzazione di "Telecom" con manutenzioni ridotte e scomparsa di tutti i dipendenti valdostani e sarebbe stato così anche per l'Enel se fosse rimasta proprietaria delle centrali, come dimostrato dai pasticci con le bollette di "Vallenergie". Negativa anche la privatizzazione delle autostrade (e del traforo del Monte Bianco) con un duopolio pieno di ambiguità, pur con concessioni statali, su cui nessuno vigila davvero e il mancato controllo è il male profondo delle liberalizzazioni. Ciò vale anche per le libere professioni, entrate con il pubblico nel girone dantesco dei "ribassi", come se la qualità fosse solo fatta dal prezzo, quando ad esempio si tratta di una progettazione in cui l'ingegno non è opzionale. La posta è, da parte sua, il caso di scuola di una finta liberalizzazione, irrispettosa delle zone marginali e degli obblighi delle prestazioni universali. Certo, ma è una storia più complessa, risulta negativa la prospettiva che, secondo la logica di mercato, obbligherà in futuro "Cva" a partecipare a gare per riaggiudicarsi le centrali, quando scadranno le concessioni e questo sarà un rischio per le future generazioni.  Appalti pubblici, nel rispetto della concorrenza, come quelli per il trasporto pubblico locale su gomma sono densi di incognite per l'arrivo di "cordate" esterne. Ma questo vale anche per il settore edilizio, quando la liberalizzazione incappa in posizioni dominanti e così si uccidono imprese locali piccole e medie. Norme europee regolatrici del mercato hanno fatto chiudere l'Illsa Viola di Pont-Saint-Martin per il premio che gli Orlando presero, chiudendo la fabbrica siderurgica, così come la concorrenza extraeuropea ha assassinato il tessile e i diversi stabilimenti ad esso legati. Idem per l'Olivetti che non era in Valle, ma ci lavoravano, a due passi da casa, molti valdostani. Aggiungiamo la liberalizzazione del commercio, scelta necessaria, ma non certo per aprire indiscriminatamente - come si annuncia - strutture di grande distribuzione come se piovesse, preparando ipocritamente lacrime di coccodrillo sulla scomparsa del piccolo commercio di paese. Luci e ombre di vicende complicate, qui appena abbozzate.