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29 ott 2011

La credibilità europea

di Luciano Caveri

Attendendo chiarezza nelle vicende italiane, partiamo da un assunto condivisibile: l'Unione europea ha ragione a pretendere che gli Stati membri non siano strozzati dal debito pubblico. Anzi, ha ancora più ragione quando Bruxelles chiede a chi è in fondo al gruppo di fare uno sforzo suppletivo: l'economia sana è il frutto anche di azioni politiche coraggiose compiute da politici autorevoli. Sottoscrivo e applaudo. Purtroppo di mezzo ci sono le elezioni e i cittadini spesso preferiscono il déjà vu e l'accogliente nido del clientelismo. Ma questo è un altro argomento e l'unico antidoto è avere un'opinione pubblica attenta, informata e onesta. Torniamo all'Europa, oggi gigantesca e popolosa realtà mosaico di ventisette Paesi membri assai diversi fra loro come taglia e come istituzioni. Stare insieme non è solo giusto ma è anche necessario in un mondo competitivo. Certo io spero sempre che iniezioni di federalismo, sussidiarietà, democrazia locale, Stato sociale e altre cose ancora ci diano un percorso d'integrazione europea che non voglia sfociare in uno Statone grande e grosso senza capo né coda. Quel che avverto come stonato nel "Patto di stabilità", oggi - fa più blasé - "Governance economica", è che chi predica bene poi razzola male. Infatti le istituzioni europee negli ultimi anni sono cresciute a dismisura, diventando strutture costose e macchinose, obese e onnivore e non vi dico i costi di questo pubblico impiego. Sanno i "nostri" dipendenti europei essere dirigisti, moralisti e persecutori delle finanze dei Paesi membri, ma forse un'occhiatina a casa loro - quella appunto di tutti noi cittadini europei - sarebbe una brutta sorpresa in fatto di sprechi e privilegi. Visto che sono più di dieci anni che noto questa dicotomia fra richieste indirizzate agli altri e autoassoluzioni benevole per se stessi, penso che sia giunta l'ora di capire il perché di certe prepotenze e della mancanza di coerenza. Forse ci vorrebbe una sola e semplice personalità, scelta per la sua autorevolezza, che sia incaricata di fare le pulci a tanti "euroburocrati" che hanno perso il lume della ragione nei comportamenti personali e collettivi. Non lo dico per una qualche forma qualunquistica di antieuropeismo, ma perché chi è europeista e crede nei valori fondanti deve evitare di far confluire le proprie convinzioni nei fiumi d'ambrosia della retorica. Non serve a nessuno.