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31 ago 2011

Un sistema da prendere a... calci

di Luciano Caveri

Sono anni - e lo dico senza snobismo - che non seguo più il calcio per una sorta di delusione crescente, resa più forte dai periodici dubbi che ci sia qualcosa di "taroccato" nei risultati. Come quasi tutti, ho giocato a pallone da ragazzino, senza particolari doti ma divertendomi moltissimo, ho avuto un periodo - specie per le figurine - di conoscenza enciclopedica del calcio, sono andato allo stadio a vedere qualche partita importante, ho tifato davanti alla radio e poi di fronte alla televisione. Da giovane giornalista ho seguito qualche sport, ammettendo l'incompetenza tecnica sul calcio e non occupandomene mai, specie di fronte a colleghi esperti come il grande Livio Forma (per ascoltarlo mi sintonizzo talvolta su "Tutto il calcio minuto per minuto"). Ho avuto a che fare con il calcio per l'ultima "coda" dei ritiri in Valle e ho capito che è un mondo che stento a capire, analogamente a certe vicende intricate del calcio locale. Ora di fronte allo sciopero-serrata dei calciatori mi arrendo. Non so neppure che cosa dire di questo ambiente pieno di enfants gâtés, che guadagnano spesso più di quanto è dovuto per il cancro dei procuratori che, lavorando a percentuale, hanno fatto lievitare i costi e l'indebitamento delle società calcistiche è evidente. Per non dire del paradosso di uno Stato che si grava di spese pazzesche per contenere i violenti che orbitano attorno ad alcune tifoserie. Ora si arriva ad un punto di non ritorno e l'assai probabile revoca all'ultimo minuto dello sciopero - troppi soldi in ballo! - non cambierà la delusione.