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01 mag 2011

Il complesso dell' "ex"

di Luciano Caveri

Questa settimana ho accompagnato una scolaresca di Saint-Vincent in visita al Parlamento europeo a Strasburgo. Me lo aveva chiesto la scuola, essendoci fra gli studenti anche mia figlia Eugénie, e l'ho fatto volentieri e senza rovinare la gita scolastica a mia figlia, facendomi vedere l'essenziale per accoglierli e per spiegare loro alcuni rudimenti di storia dell'integrazione europea. E' la prima volta, dopo l’esperienza di parlamentare europeo, che torno in questo bellissimo palazzo di vetro e cemento alla periferia della città alsaziana, scelta dai padri fondatori dell'Europa come sede dell'Assemblea parlamentare, oggi Parlamento europeo.

Una decisione che, come ho ricordato ai ragazzi, è densa di significati perché Strasburgo è terra di frontiera fra Francia e Germania, bagnata dal sangue dei soldati che per secoli si sono combattuti e solo l'antidoto dell’europeismo è riuscito a far sì che scomparisse questo veleno fratricida che ha accompagnato la vita delle generazioni precedenti alla mia. L'europeismo dovrebbe essere insegnato nelle scuole con attenzione e profondità, ma non è materia scolastica e penetra nei programmi solo a seconda della sensibilità personale degli insegnanti. Ma scrivo qui per una considerazione diversa, che riguarda un approccio alla vita, di cui ho pensato in occasione di questa visita. Confesso di non essere per nulla afflitto dal "complesso dell'ex" (anche se con il termine "ancien" i francesi sono più eleganti), che spesso ammorba la vita dei politici. Dopo averci passato un sacco di anni, sono rientrato alla Camera dei Deputati a Roma solo in occasione di incontri ufficiali e lo stesso avviene, con maggior regolarità, per la sede del Parlamento a Bruxelles. Trovo infatti patetici i miei colleghi afflitti dal reducismo e dagli aspetti nostalgici, sapendo che ci sono anche quelli piacevoli, del "come eravamo". Ogni stagione della propria vita deve essere vissuta guardando sempre avanti e quando si incomincia a guardare solo indietro è un brutto segno. Ho conosciuto molti "grandi vecchi" in politica - e certo per ora, per ragioni anagrafiche non mi ci identifico! – e vale comunque un loro insegnamento, che per altro è buono per qualunque età. La loro freschezza intellettuale derivava proprio da questo: non cadere nella trappola del rimpianto del passato, che è certo memoria e ricordo da tenere ben vivo, ma questo non significa abbandonare il quotidiano e progettare cose per il futuro. Come si suol dire "chi si ferma è perduto" e si può essere serenamente piantati nel presente solo a condizione che si pensi sempre, pur nelle incertezze insite nella vita umana, all'avvenire.