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27 mar 2011

La porta d'Europa

di Luciano Caveri

Nel 2008, su di una scogliera di Lampedusa, venne posizionata l'enorme "Porta di Lampedusa - Porta d'Europa", il monumento in ceramica refrattaria alto cinque metri e largo tre venne dedicato alla memoria dei migranti che hanno perso la vita in mare. L'opera - che vidi proprio in quell'anno e devo dire che è davvero impressionante - è stata realizzata da Mimmo Paladino e mai come in questo momento assume un valore simbolico e forse anche segno dell'ipocrisia della retorica quando si scontra con la rudezza della realtà. Lampedusa, che è un pezzo d'Africa, territorio italiano per i casi della storia, è il luogo più semplice da raggiungere per i disperati che tentano di entrare in Italia e nell'Unione europea. Quando passai qualche giorno a Lampedusa, che è ormai un'isola sciatta e imbruttita rispetto alla mia prima visita una trentina di anni fa, era già in corso un periodo di emergenza per gli "sbarchi" del clandestini. Tuttavia, l'area dov'erano ospitati gli immigrati era circoscritta, mentre ora il flusso continuo ha fatto saltare ogni frontiera fra l'isola e gli isolani e la zona dove stanno gli africani (e altre etnie) in arrivo dalle coste dall'altra parte del Mediterraneo. Il peggio dovrà venire, visto che il "lavoro sporco" di intercettare una parte dei flussi era stato assunto da Gheddafi con i suoi metodi spicci e violenti e la stessa Italia, pure con chi poteva vantare un asilo politico, non era andata tanto per il sottile. Ora i rivolgimenti in Africa e la guerra con la Libia - cui non credo ci fosse alternativa - fanno temere una sorta di invasione di una massa di folle dolenti in cui si mischiano poveracci, delinquenti, perseguitati. Il rischio esiste ed è un problema europeo che illumina sulla necessità di avere presto e bene una strategia comunitaria di aiuto e di supporto a Paesi con economie ridotte allo sfascio e alla ricerca della democrazia. Se non cambierà nulla nei Paesi d'origine, i migranti arriveranno qui e sarà come una tsunami fatto di persone.