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27 mar 2011

Il baciamano

di Luciano Caveri

Il baciamano oggi è in disuso. Un tempo - e allora me lo avevano insegnato - era piuttosto usuale verso le signore. Naturalmente mai si trattava di baciare veramente la mano, bisognava semmai sfiorarla impercettibilmente. Così ho fatto, inchinandomi, con i Pontefici in occasione degli incontri, perché ritenevo che così dovesse essere fatto secondo le regole del cerimoniale. Va detto che anche il siciliano «baciamo le mani», atto di sottomissione un tempo, ha finito oggi per assumere un significato ironico e scherzoso. Ed invece il "baciamano" di Silvio Berlusconi a Muammar Gheddafi continua ad essere un problema che ha pesato non poco negli atteggiamenti di questi giorni anche nel rapporto con i partner internazionali e che, rappresentando simbolicamente un eccesso di simpatia verso il leader libico, ci ha costretti a una politica di rallentamento e accelerazioni che ci ha posti in una situazione grottesca nel passaggio fra amiconi e nemici che bombardano. Un giorno si capiranno tanti perché di un atteggiamento troppo ossequioso verso Gheddafi. Non è una questione di stile ma di sostanza. Lo si vede anche in Valle quando la sottomissione sfocia nel "leccaculismo", cui già dedicai un post in passato. Ci sono quelli che - anche fra i giornalisti - per indole o per interesse sono persino «più realisti del re» e finiscono goffamente per «baciare le mani» e in questi casi c’è poco da ridere.