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18 feb 2011

Le nostalgie del "baby boomer"

di Luciano Caveri

Fa sempre impressione, visitando un qualunque Paese del Terzo mondo, verificare la numerosità di bambini, frutto della grande natalità. In particolare chi, come me, è della generazione del "baby boom" del secondo dopoguerra questa sensazione di generazioni con tanti giovani l'ha vissuta direttamente. Ma oggi, in una società dove i giovani sono forte minoranza, il punto d'osservazione è molto diverso. Ci pensavo appunto rispetto alla differenza fra oggi e allora rispetto ai bambini che, ridotti di numero, sono maggiormente oggetto di attenzione. Non che in passato non ci volessero bene ma - e non solo per le tante citate ragioni di pericolosità odierna - eravamo un pochino più liberi con logiche oggi scomparse dei "cortili" o delle "bande" di ragazzini di paese. Rientrato da poco nel girone della primissima infanzia, con la recente nascita, sono ripiombato nel "clan" dei latti, cacche, pannolini e affini, che ormai ha caratteristiche ristrette rispetto all'usualità comunitaria di un tempo: una sorta di piccola consorteria che porta addirittura, tipo motociclisti, a salutarsi per strada senza conoscersi. Il passeggino è la garanzia... Per altro, ho anche due adolescenti - da maneggiare con cura come avviene sempre a quell'età - e loro stessi si incuriosiscono dei racconti di un tempo in cui, quando i bambini erano tanti, i "giovani" si erano ritagliati maggiori spazi d'indipendenza. Le cose cambiano ed è forse inutile indugiare in nostalgie.