Aborro la violenza politica e non esiste giustificazione alcuna al suo utilizzo e la tolleranza verso chi la adopera deve essere inesistente.
Ho aspettato qualche tempo a scrivere della devastazione della redazione de La Stampa di Torino, che ho seguito con sgomento nelle stesse ore - pensiamo al paradosso - in cui la categoria cui appartengo, i giornalisti, era in sciopero per il crescente degrado della professione.
Ho atteso di leggere i commenti di queste ore e ne ho trovati tanti pieni di buonsenso, legittimamente intrisi di preoccupazione.
Come sempre, spiccano invece i silenzi di chi mostra così l’imbarazzo di non esporsi e ci sono sempre cialtroni dai distinguo sottili, benaltristi che vorrebbero distogliere l’attenzione, sostenitori occulti che simpatizzano fra le righe.
Per non dire dei burattinai “cattivi maestri”, che usano le persone che si fanno strumentalizzare per ignoranza o stupidità e così militanti beoti passano dai discorsi ai fatti, pian piano superando la linea rossa.
I sostenitori della causa palestinese che hanno fatto irruzione in un giornale con slogan aggressivi e comportamenti da delinquenti sono gentaglia dei centri sociali con il loro codazzo di sostenitori. Molti sono vecchie conoscenze che da decenni agiscono così, altri sono neofiti attirati dall’estremismo irragionevole, che è come il canto delle sirene per cervelli che non ragionano e li trasformano in robottini che si infilano in strade senza uscite.
Contano da tempo certi pifferai magici e la manovalanza che si occupa delle cose sporche sulla clemenza della Corte, visto che alla fine ne escono troppo spesso intonsi e perciò reiterano le loro azioni smaccatamente provocatorie. Una sorta di immunità che diventa complicità morale di chi finisce per far prevalere una pia comprensione alla necessità di repressione, in altri casi esemplare.
La violenza politica non ha alibi, perché diventa un cancro per la democrazia e gli slogan osceni che vengono adoperati nelle urla cacofoniche e nelle scritte brutali sui muri sono una caricatura di chi si atteggia a difensore di chissà quali libertà. Basta citare a sproposito la nobile Resistenza dei nostri padri come camuffamento di atti volgari.
Esemplare la saldatura fra certi ceffi e l’islamismo, che è la quintessenza del disprezzo dei principi occidentali che le carte costituzionali affermano in alternativa netta alla sharia (in arabo: شريعة, sharīʿa, che significa "via" o "legge"), vale a dire il sistema giuridico e normativo dell'Islam, che viola principi e valori fondamentali non negoziabili.
L’escalation di certe violenze pericolose e maldestre è scritta a caratteri cubitali per chi lo ha vissuto. Ho conosciuto ragazzi di Autonomia Operaia che negli anni Settanta - sposati agli eccessi in un crescendo inquietante - che sono transitati nelle Brigate Rosse ad alimentare omicidi che divennero una scia di sangue. Appena diventato giornalista in una radio di Torino nel 1978, mi trovai a darne notizia e a sentire con le mie orecchie il famoso slogan nefasto “sono compagni che sbagliano”.
Ci fu allora questa sorta di complicità e sottovalutazione che generò mostri. La lezione sembra scomparsa dalla memoria di troppe persone e bisogna fermare la macchina prima che imbecilli intrisi di ideologismi farlocchi impugnino le armi e si infilino e ci infilino in una tunnel di storie già viste.
Odio gli estremisti e negli anni di piombo ci fu di tutto, oltre a brigatisti e affini. Ricordo i neofascisti bombaroli, i servizi segreti deviati, gli intellettuali dai distinguo complici. Un misto vomitevole che creò ansia nella mia generazione e ci obbligò ad aprire gli occhi e personalmente ce li ho ancora belli spalancati. Ci vuole repressione e non comprensione contro chi approfitta di debolezze e ambiguità delle Istituzioni.
La militanza proPal dei soliti noti, nasconde intenzioni diverse dal commosso sostegno alla causa palestinese, che finisce per essere un pretesto. Sotto la cenere resta un fuoco che rischia di propagarsi e non lo si deve derubricare in teppismo, perché nell’accecamento ideologico alberga il Male e gli avversari diventano nemici da abbattere.
Lo abbiamo già visto e chi immagina scenari diversi questa volta sembra non capire i rischi della deriva. Non ci vuole molto a immaginare che già ora ci sia chi pensa a altre fasi. Vanno fermati ora, nel nome del Diritto, prima che sia troppo tardi.