Mi è capitato in passato, purtroppo molto meno di recente, di andare per brevi soggiorni in centri di “remise en forme”. La logica di questi posti è presto detta.
Si va dal rilassamento con la riduzione dello stress al miglioramento della saluta fisica con attività varie (leggi: perdere qualche chilo), dal benessere mentale in un ambiente tranquillo a programmi di disintossicazione alimentare. Tutto vale per una logica di decompressione rispetto alla routine quotidiana.
Alla mia generazione viene in mente uno spot che si trova facilmente sul Web, interpretato da Ernesto Calindri, Nella pubblicità del Cynar, amaro a base di carciofo che esiste ancora oggi, Calindri interpretava un gentleman elegante e imperturbabile, seduto a un tavolino in mezzo al traffico caotico di una città, sorseggiando il liquore e pronunciando la famosa frase che ancora aleggia: ”Contro il logorio della vita moderna”. Figurarsi oggi…
Leggo sull’Ansa, a dimostrazione che ogni epoca ha i suoi problemi quanti segue: ”L’Istituto della Enciclopedia Italiana Treccani ha registrato tra i neologismi della lingua italiana “infobulimia”. Si tratta della “circolazione di una quantità sovrabbondante di informazioni che produce un sovraccarico cognitivo in chi le cerca e vi accede, con effetti di confusione e frustrazione”.
Il termine, consultabile sul portale treccani.it, descrive un fenomeno sempre più rilevante nelle società attuali, caratterizzato da troppi e continui flussi informativi che, anziché agevolare la comprensione, alimentano una fame inesauribile di notizie, che si traduce spesso in difficoltà di comprensione, disorientamento e sovraccarico mentale”.
Si aggiunge ancora che ” la parola infobulimia” richiama l’espressione inglese “information overload”, coniata nel 1964 dal politologo Bertram Myron Gross per indicare quello che in italiano sarebbe il “sovraccarico cognitivo”, che significa grossomodo - da dizionario - ”una condizione in cui la quantità di informazioni da elaborare supera la capacità mentale della persona in quel momento. In pratica, il cervello riceve più stimoli, compiti o dati di quanti ne riesca a gestire efficacemente”.
Vediamo bene, sessant’anni dopo, come siamo ridotti e questa nuova e inquietante ”infobulimia” ci assedia quotidianamente con il rischio di cadere vittima di un comportamento ossessivo-compulsivo legato appunto al consumo eccessivo e incontrollato di informazioni, attraverso i diversi media digitali, social network, notizie o contenuti online. Si rischia di cadere vittima di una ”grande bouffe” di informazioni in modo frenetico, con difficoltà a filtrarle o elaborarle adeguatamente, spinti da un bisogno costante di essere aggiornati o informati.
Si profilano ansia, stress e soprattutto la minaccia della dipendenza digitale con possibili crisi di astinenza e nefasta alienazione dalle relazioni reali. Lo vediamo in tutti noi, troppi spesso chini sui nostri smartphone. Ci si chiude in un mondo che diventa una specie di prigione.
Ecco perché il riferimento iniziale, naturalmente più leggero, alle vecchie logiche da centro benessere!
Raccontata la nuova parola che incombe, è facile trovare le buone pratiche per arginare il rischio di patologia attraverso - ecco un altro neologismo - il ”Digital Detox”.
Ridurre l'uso eccessivo degli schermi sembra la priorità come antidoto rispetto all'iperattività mentale causata dalla costante connessione e dai trilli che ci avvertono dell’arrivo di qualche messaggio.
Così gli esperti consigliano di avere momenti "no tech", di impostare un "digital curfew" (coprifuoco digitale) dopo una certa ora serale, visto che la luce blu del telefonino pare nociva, di disattivare le notifiche non essenziali. Insomma: spezzare certe catene digitali…
Si può riflettere su quanto scrive lo psicanalista Umberto Galimberti: ”Acceso o spento che sia, il cellulare non ci dà scampo. Se chiamiamo vuol dire che non sappiamo più attendere e, nell'attesa, pensare ed elaborare, se rispondiamo siamo in ogni momento alla mercé degli altri, se spegniamo il cellulare dobbiamo prima o poi giustificarci. Come ognuno può constatare non siamo più liberi, non abbiamo più chance. Non disponiamo più del nostro tempo per pensare le nostre risposte perché dobbiamo darle subito e di corsa, non abbiamo più la possibilità di interiorizzare i nostri amori perché, se non chiamano, è già subito abbandono. Non sappiamo più stare soli con noi per più di un'ora, e così la nostra interiorità si impoverisce”.