Non si può certo dire, almeno per lui, che tutto è bene quel che finisce bene per il Ministro Sangiuliano.
Pare che, date le dimissioni (in un primo tempo sembravano sventate e poi gli e le hanno di corsa pretese…), sia finito con la moglie cornuta (non trovo un’espressione aulica) per una sorta di ritiro spirituale in un eremo.
Immagino che potrà riflettere su quel riferimento presente nel suo cognome a San Giuliano, un Santo che – se andate a vedere – di drammi familiari ne aveva avuti ben peggiori, avendo ucciso per sbaglio i genitori.
Questa storia di ‘O Ministro, così come si è sviluppata, ricorda da vicino le passionali commedie napoletane, che lui conosce bene per le sue origini partenopee, e sono dette “sceneggiate”, prevedendo la commozione con pianto nelle sceneggiature come elemento di pathos.
Intendiamoci bene: non voglio essere irrispettoso e verrebbe da dire, sempre per scherzo, parafrasando un celebre detto: scherza con i Ministri e lascia stare i Santi…
Già perché il problema è quello annoso della separazione fra il pubblico e il privato nelle persone che abbiano incarichi pubblici di rilievo. E’ una questione antica, ma quel che è certo è che chi si trova in ruoli di rilievo deve rassegnarsi all’esistenza di un confine labile e appellarsi alla privacy, in un caso come quello del rapporto fra Sangiuliano e la dottoressa Boccia, è difficile se sembrava strumentale ad un soffocamento sin da subito del fuoco della polemica. Loro stessi, la coppietta scoppiata con lei sorridente e lui gongolante con cotanta partner vistosa, hanno sbandierato sui Social il loro flirt. Forse il Ministro poteva prudenzialmente informarsi e non cadere nella trappola di chi era ben lieta di farsi fotografare e di accumulare quel materiale che al Ministro è costato il posto e che forse ci donerà qualche perla da gossip.
Mi dice un amico che ha lavorato con Sangiuliano, quando era Direttore del TG2, che era un giornalista capace con un ego smisurato e la voglia di contare in politica. Ho visto una foto di lui ragazzo a fianco di Almirante e dunque c’era una passione di fondo e indubbiamente è stata la copertura politica a fargli scalare la stessa professione giornalistica. Nessuno diventa Direttore di un Telegiornale RAI senza i padrini giusti e lo dico, conoscendo l’Azienda da cui ormai sono in pensione e per la quale serbo riconoscenza per l’occasione datami da giovanissimo, meno in una più recente parte della mia vita, quando mi sono scontrato con la realtà di essere un cane sciolto senza copertura politica, pur in presenza di un curriculum professionale che altrove avrebbe suscitato interesse.
E proprio la RAI si accinge ad accogliere il figliol prodigo senza più politica e avverrà di certo in un posto confortevole e non secondario, in fondo è stata la sua rovina con quella intervista dopo il TG1 che ha lasciato sconcertati e che apre uno scenario inquietante sull’uso politico della Televisione pubblica. Un malvezzo certamente bipartisan, ma questa intervista, a cura – udite, udite! – del Direttore del più importante telegiornale pubblico, credo non abbia eguali. Era evidente il riflesso più generale sul Governo, ma oggettivamente il pur rampante Sangiuliano non è da annoverare tra i Ministri della prima fila, essendo tuttavia un simbolo di quella foga della Destra di riconquista di un mondo culturale che ha è largamente occupato dalla Sinistra. E Sangiuliano aveva un compito che stava interpretando, pur con qualche simpatica gaffe, ma nessuno pensava al finale da pochade o dal film del celebre Pierino nelle mi braccia di una giunonica e sicuramente scaltra arrampicatrice. Ora le Magistrature, penale e contabile, hanno aperto inchieste e personalmente mi sfuggono i reati eclatanti e probabilmente Sangiuliano ha già preso un ergastolo morale, che lo accompagnerà per il resto della sua vita con un fine pena mai. Resta la caduta di stile – per usare un eufemismo – della RAI.
Lo scrive bene Aldo Grasso sul Corriere della Sera nel riferirsi alla“famosa intervista del direttore del Tg1 Gian Marco Chiocci all’ex ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano per capire come abbia rappresentato uno dei momenti più ingloriosi della storia del Tg1. Non per i contenuti, non interessano, ma per la rottura di un patto che è fondamento stesso del concetto di servizio pubblico”.
Grasso insiste: “L’intervista è stata inusuale sia per la collocazione (non era mai successo che dopo il tg ci fosse una coda così lunga, una «prima volta» nella storia della Rai) sia per l’argomento di carattere personale. Pare sia stata sollecitata dalla premier Giorgia Meloni e ora, da quella sera, hanno buon gioco coloro che usano l’infelice espressione «TeleMeloni» che fino a quel momento poteva apparire solo come una forzatura giornalistica. Scopo dell’intervista era quello di separare i fatti privati del ministro da quelli del governo: Sangiuliano avrebbe dovuto confessare la sua debolezza, chiedere scusa in modo tale che le sue «scappatelle» venissero rubricate come gossip e non fossero confuse con l’impegno dell’esecutivo.
Per questo il direttore, a un occhio non particolarmente esperto, pareva aggressivo, quasi avesse assunto una postura da «Belve», uno che non risparmia le domande scomode. In realtà le domande erano concordate, tra i due c’era stato prima un incontro (dichiarato) in cui avevano avuto modo di mettere a punto l’intervista.
L’ex ministro ed ex direttore del Tg2 ha cercato solo di difendersi secondo le modalità di chi è costretto a chiedere scusa in pubblico, modello Chiara Ferragni. Se la televisione viene usata male, si rivela implacabile. Lo sventolare dei fogli con le ricevute della carta di credito, le lacrime finali hanno fatto il resto sul piano della comunicazione: era il telegiornale non Gigi Marzullo o Monica Setta!
Un errore imperdonabile che ha decretato il suicidio politico di Sangiuliano, un’intervista che il Tg1 non avrebbe mai dovuto fare”.