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29 lug 2021

Olimpiadi in crisi, ma arriva lo scialpinismo

di Luciano Caveri

Ricordo che già nel 2016 ci fu un momento di gioia per gli appassionati dello scialpinismo, quando rimbalzò la notizia - che poi risultò infondata - che questo sport sarebbe finalmente diventato disciplina olimpica. Le tappe allora prefissate lo avrebbero visto come "sport dimostrativo" nel 2018 in Corea del Sud per diventare gara ufficiale nel calendario olimpico a Pechino nel 2022. Ora, invece, arriva la certezza, dopo quella delusione: lo scialpinismo sarà la novità delle Olimpiadi Invernali di Milano-Cortina 2026. La decisione di inserire la disciplina nel programma è stata presa dalla sessione del "Cio" riunitasi a Tokyo, che ha votato all'unanimità per alzata di mano. La proposta era stata avanzata direttamente dal Comitato organizzatore dei Giochi invernali di Milano-Cortina.

Questo fa piacere: ho seguito per anni, come presidente del "Trofeo Mezzalama", l'evoluzione di questo sport, ritenendolo sempre ben più degno di certi esistenti sport olimpici, che fanno sorridere. Gli elementi decisivi a favore dello scialpinismo sono la spettacolarità della disciplina, la capacità di attrarre l'attenzione per la forza atletica dei protagonisti e la carica agonistica delle gare, la straordinarietà di possibili panorami in cui si inseriscono. Per chi non ha mai seguito dal vivo le gare, basta guardare certi filmati con manifestazioni come il "Mezzalama", il "Tour du Rutor", la "Patrouille des glaciers" o la "Pierra Menta" per avere conferma di come - rispetto anche a certa monotonia delle riprese dello sci alpino o del fondo - lo scialpinismo possa davvero primeggiare anche negli ascolti, se svolta su percorsi credibili e Cortina offrirà di certo itinerari spettacolari. Resta, insomma, la soddisfazione che la Valle d'Aosta sia stata, proprio con il "Mezzalama" dagli anni Trenta del secolo scorso, una delle culle dello scialpinismo. Ma proprio i Giochi Olimpici giapponesi - svolti lo stesso con la pandemia e perciò senza pubblico e con l'ostilità della popolazione - sono il simbolo di una crisi profonda delle Olimpiadi. Questo degrado vale anche per scelte olimpiche per l'edizione invernali e Pechino come prossima sede - città inquinata che sorge a 44 metri di altitudine - in effetti fa ridere i polli, aver ospitato anche i Giochi... estivi. Tuttavia resta, sotto l'immondizia fatta di affarismo e gigantismo, un valore residuo, che è fatto dal flebile battito dello spirito olimpico e dalla grande platea televisiva. Anche la Valle ha sfiorato le Olimpiadi. Pare essere passato un tempo immemorabile da quel referendum del 1992 con il quale la Valle d'Aosta disse di «no» alle Olimpiadi invernali. Per altro il voto che portò la giapponese Nagano anche contro di noi ad avere i Giochi nel 1998 è ancora oggi considerato esempio di scuola di come un miliardario eccentrico possa facilmente "pilotare" con logiche corruttive i voti dei delegati, per cui la bontà dei dossier di presentazione è già caducata da logiche che nulla hanno a che fare con lo sport. Rimpianti? No. Semmai il rimpianto riguarda la mancata collaborazione con Torino per le sue Olimpiadi invernali del 2006, scelta effettuata qualche anno prima con il "gran rifiuto" di chi comandava all'epoca. Avremmo potuto avere qualche prova sportiva con la promessa di modernizzazione della ferrovia. Inutile piangere sul latte versato. In Valle d'Aosta qualcuno aveva lanciato l'ipotesi fantasiosa di una eco-Olimpiade per il 2026, forse non avendo chiaro il budget necessario che neppure grandi città di pianura (sic!) ormai reggono. La verità è che le Olimpiadi vanno seriamente ripensate, altrimenti nessuno mai più accetterà - lo si è visto con il "fuggi fuggi" anche dalle candidature delle Olimpiadi estive - il bagno di sangue finanziario della loro organizzazione, per non dire del pasticcio crescente fra sport vecchi e nuovi, doping in una guerra infinita fra guardie e ladri e status da "dilettanti" degli atleti che mostrano una realtà che fa sfiorire il famoso spirito olimpico.