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23 nov 2020

Obbligo vaccinale

di Luciano Caveri

Sappiamo tutti quanto sia complesso e tuttavia indispensabile il cammino per l'obbligo vaccinale. In Italia oggi ciò avviene per i bambini, ma con conseguenze limitate per chi non lo faccia (niente asili nido e materne per i bimbi e multe nelle scuole primarie per chi non si vaccini), ed il dovere vale per dieci vaccini, mentre altri sono solo consigliati. Ora la questione torna e non solo per i più giovani con la questione decisiva del vaccino per il "covid-19", che dovrebbe iniziare tra qualche settimana ad essere distribuito in una corsa mondiale che vede diversi competitori per giungere al risultato. Il "Corriere della Sera" dava ieri il dato clamoroso, sulla base di un sondaggio che un italiano su sei, non sarà disponibile a farselo inoculare con evidente rischio di flop di una campagna di profilassi che è il solo strumento per ingabbiare il coronavirus.

Leggevo in queste ore quanto scritto sul quotidiano francese "Libération": "Un vaccin contre le "covid-19" obligatoire pour tous? L'idée commence à faire son chemin dans la classe politique française. Face aux réticences de la population à se faire vacciner alors que plusieurs laboratoires comme "Pfizer" et "BioNtech", "Gamaleïa" et "Moderna" ont, ces derniers jours, annoncé des vaccins pour lutter contre le coronavirus efficaces à plus 90 pour cent, plusieurs personnalités politiques plaident pour que les injonctions soient rendues obligatoires". Viene citato ad esempio un deputato europeo di "Europe Ecologie - Les Verts" Yannick Jadot: "Interrogé sur France Info, le 10 novembre dernier, celui qui se rêve candidat des écologistes pour la présidentielles de 2022 est la première personnalité politique à s'être dite favorable à ce que la vaccination contre le "covid-19" soit rendue obligatoire. «Oui» a-t-il répété à deux reprises lorsque la question lui a été posée. «Regardez le traumatisme que vivent nos sociétés. On ne peut pas se permettre aujourd'hui d'allonger la période de confinement, la période d'affaissement culturel, social et économique de notre pays. Donc, à partir du moment où le vaccin sera là, j'espère que tout le monde ira se faire vacciner» développait-il alors". Apro una parentesi con quanto scritto tempo fa su "Il Fatto" da Andrea Grignolio, docente di Storia della Medicina, all'Università "La Sapienza" di Roma: «Le attuali resistenze sociali contro le vaccinazioni non sono un fenomeno recente. I movimenti anti-vaccinisti hanno una lunga storia, che nasce insieme alla scoperta della vaccinazione da parte di Edward Jenner nei ultimi anni del 1700. Già allora, nonostante solo il tre per cento dei vaccinati contro il vaiolo morisse contro il trenta o quaranta per cento di coloro che venivano infettati dalla forma naturale della malattia, una minoranza ristretta della popolazione continuò a dubitare dell'efficacia e della sicurezza della vaccinazione. Le cose si complicarono ulteriormente quando nel 1853 l'Inghilterra introdusse l'obbligo per i neonati di tre mesi, gli oppositori decisero di fondare alcune associazioni anti-vacciniste e organizzare grandi manifestazioni di massa come quella di Leicester del 1885 cui aderirono circa 80mila persone, con tanto di parate, volantinaggio e finte bare di bambini. La storia ci suggerisce dunque che già agli albori gli anti-vaccinisti avevano dunque due qualità spiccate: erano degli efficaci comunicatori e mostravano una certa refrattarietà ai dati offerti dall'esperienza e dalla scienza. Due atteggiamenti, come noto, ben validi anche oggi. Alcuni studi comparativi sulle resistenze sociali hanno poi dimostrato come le critiche attuali siano pressoché identiche a quelle presenti centocinquanta anni fa nei volantini delle prime leghe anti-vaccinali, quali, ad esempio, l'idea che i vaccini causino malattie o siano inefficaci, che la loro diffusione sia dovuta agli interessi commerciali, che essi contengano componenti tossici, che vi sia omertà sul numero delle reazioni avverse e che uno stile di vita naturale sia più efficiente dei vaccini contro le malattie infettive». Spiega ancora lo stesso autore: «Con la differenza che oggi l'avvento di Internet ha aumentato significativamente la porzione di popolazione che entra in contatto con una enorme messe di informazioni legate al rischio e la probabilità sanitarie, che dunque il cervello spesso tende a rifiutare trincerandosi dietro paure o credenze irrazionali. Una reazione adattativa comprensibile ma fortemente dannosa per il bene pubblico. I genitori che rifiutano le vaccinazioni infatti non solo mettono a rischio la salute dei propri figli, ma anche quella dei loro compagni di classe, esponendoli al rischio di malattie infettive potenzialmente letali. Il calo generalizzato dei tassi di vaccinazione nei paesi più avanzati sta infatti facendo riemergere malattie infettive sinora tenute sotto controllo proprio dalla vaccinazione». E più avanti: «Negli ultimi anni sono emersi studi che hanno tentato di analizzare possibili soluzioni alle resistenze sociali contro le vaccinazioni. Da essi risulta chiaramente che gli oppositori non sono un insieme omogeneo, ma si distribuiscono tra oppositori radicali (otto per cento circa), che rifiutano categoricamente qualsiasi vaccinazione, e diverse forme di "esitanti" che vanno dai "selettivi" (venti-trenta per cento), disposti a vaccinare solo per alcune malattie, ai dubbiosi (25-trenta per cento), che vaccinano in modo disomogeneo la prole e spesso senza rispetto delle scadenze, fondamentali, previste dalla schedula vaccinale. Una parte di radicali è impossibile da convincere: spesso votati a un atteggiamento naturista, se sfidati nelle loro credenze rinforzano ancora di più la loro posizione di rifiuto, secondo il noto bias del "ritorno di fiamma". Per gli esitanti invece ci sono più possibilità di ottenere risultati, non solo evitando informazioni correttive - come ad esempio la dimostrazione che i vaccini non causano l'autismo come confermano le inoppugnabili analisi su milioni di individui - ma cercando di spostare l'attenzione dalla errata percezione dei rischi dei vaccini al rischio reale delle malattie infettive, un messaggio ancor più efficace se corredato da una informazione personalizzata e calibrata sulla prole anziché a generici riferimenti al bene comune o alla copertura di gregge». Personalmente sono convinto della assoluta necessità, che riguarda anche gli adulti e non solo i bambini. Ma non bastano obblighi e politiche repressive. Interessante questa notizia su "Huffpost" in un articolo di Giulia Berardelli: «Il governo di Londra si sta preparando a una "guerra d'informazione" contro i "no-covid-vax", un fronte che ci si aspetta particolarmente agguerrito. L'idea è di combattere il "virus della disinformazione" su più livelli, coinvolgendo e responsabilizzando le piattaforme di "social media": accanto alla confutazione delle "fake news" e alla rimozione dei contenuti dannosi, le autorità si stanno muovendo per diffondere messaggi positivi e una comunicazione il più aperta possibile sull'iter dei vaccini». Bisogna farlo assolutamente anche in Valle d'Aosta con uno sforzo corale, isolando chi propaga sciocchezze.