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18 lug 2020

La camera dell'eco

di Luciano Caveri

Capita di non avere espressioni adatte per spiegare un fenomeno. Per definire la situazione del tutto evidente di quel tam tam che serve a diffondere "fake news" in un battibaleno sui "social", ho spesso adoperato il vecchio termine di "catena di Sant'Antonio". Per i pochi che non sapessero di che cosa si tratti, ricordo che sono anche nella mia esperienza (ne ricevevo parecchie da deputato) le lettere anonime con un testo con preghiera sconclusionato che invitano, per non rompere la catena per evitare la malasorte, ad inviare nuovamente quello stesso messaggio ad un certo numero di altri destinatari. Io queste lettere le cestinavo, ma moltissimi adempivano alle consegne per superstizione. In origine - ecco il nome del fenomeno – sarebbe stato Sant'Antonio Abate (250-356 d.C.), eremita e personalità di spicco nella storia della Chiesa cattolica, a scrivere una lettera al duca di Egitto ammonendolo circa la persecuzione dei cristiani. In fondo alla lettera l'invito minaccioso ad inviare la lettera a tutte le altre autorità della zona. Il duca - dice la storiella - non lo fece e perciò morì, vittima del mancato ottemperamento di questo diktat.

Oggi, trasportata dall'inglese all'italiano ai usa il termine suggestivo e più preciso di "camera dell'eco", quale modalità ideale per la trasmissione virale di "fake news". Esempio fra tutto di queste notizie false è quanto circola in Rete sul "coronavirus", piuttosto che sui vaccini, ma esistono clamorose manipolazioni che hanno influenzato persino esiti elettorali o possono rovinare la reputazione delle persone. Il dizionario online "Treccani", definisce così le "echo-chamber": "Nella società contemporanea dei mezzi di comunicazione di massa, caratterizzata da forte interattività, situazione in cui informazioni, idee o credenze più o meno veritiere vengono amplificate da una ripetitiva trasmissione e ritrasmissione all'interno di un ambito omogeneo e chiuso. Questo risultato è particolarmente importante perché dimostra chiaramente come la tendenza ad aggregarsi con persone con le stesse attitudini e interessi sia un processo determinante sia nel rinforzare l'echo-chamber sia nel determinare la dimensione di un processo virale". Grazie anche ai sofisticati sistemi matematici dei "social" chi ci entra si trova a contatto con persone che la pensano nello stesso modo e questo crea una cassa di risonanza ed evita nella sostanza di avere contatto con persone che la pensando diversamente. Non solo l'opinione si cristallizza senza confronti con idee differenti, ma questo favorisce l'amplificazione delle "bufale" in un ambiente chiuso senza discussione e l'eco appunto si diffonde con maggior facilità, mancando ogni forma di confronto. In questa situazione le idee e le credenze si amplificano e si rafforzano, sino ad arrivare alla piena convinzione di possedere una ragione quasi assoluta. Ricordo lo studio condotto dai ricercatori Michela Del Vicario ("Imt" di Lucca), Walter Quattrociocchi ("Ca' Foscari"), Antonio Scala ("Isc" - "Cnr Sapienza") e Fabiana Zollo ("Ca' Foscari"), che ha proposto un modello di analisi del comportamento degli utenti sui "social" al fine di individuare in anticipo le notizie e gli argomenti con maggiori probabilità di diventare oggetto di "fake news". Spiega Quattrociocchi: «Con la diffusione dei social media, ci si aspettava che avendo accesso a molte più informazioni le persone si sarebbero aperte a nuove prospettive e nuovi punti di vista. Ma gli studi e le analisi condotti finora ci dicono l'opposto: davanti a tante fonti di informazione possibili ognuno cerca quella più vicina alla propria visione del mondo». Ecco perché, come non mai, bisogna aprirsi al dialogo e al confronto per evitare di finire come un canarino nella gabbietta delle proprie convinzioni.