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10 lug 2020

Tolleranza zero

di Luciano Caveri

L'espressione "tolleranza zero" risale all'inizio degli anni Novanta ed indica un modello politico basato sull'applicazione particolarmente intransigente delle norme di pubblica sicurezza, incarnato dall'ex sindaco italoamericano di New York, Rudolph Giuliani, avvocato di Donald Trump. Per questo la "Treccani" segnala come si tratti di una traduzione nuda e cruda dall'inglese "zero tolerance", vale a dire "complesso di decisioni e di provvedimenti legislativi miranti a perseguire i reati minori senza praticare sconti, e, anche, qualunque atteggiamento di radicale rifiuto a giustificare in qualche modo i reati in questione o i varî fenomeni che possano recare turbamento alla vita sociale o individuale". Per cui è evidente come modi di dire come questo finiscano poi per essere decontestualizzati dalla versione originale e oggi "tolleranza zero" si applica in modo più vasto. Per cui, scevro da logiche da sceriffo o da supereroe, che non mi si confanno, vorrei anch'io esprimere una versione personale della "tolleranza zero".

Chiunque abbia fatto Politica è stato in questi anni associato alle peggior cose. Il punto di riferimento è stata quell'espressione de «la Casta», inventata nel 2007 in un celebre e vendutissimo libro dalla coppia Antonio Stella e Sergio Rizzo. Un vero affare per gli autori, che - forse inconsapevolmente - hanno dato il via a distorsioni del loro stesso intento di denuncia, preparando il terreno agli eccessi "anti-casta" di cui sono stati protagonisti i "grillini". Prima di accomodarsi meglio a tutti ai posti di governo e di sottogoverno, sono stati loro ad unire tutti quelli che li hanno preceduti in una cieca condanna da ghigliottina (avrebbero usato quella vera, se avessero potuto). Gli esiti sono la presenza di personale politico mediocre e lo slogan «uno vale uno» ha cancellato, nella cieca democrazia di quattro gatti sulla "piattaforma Rousseau", ogni logica di merito o di competenza. Gli esiti sono visibili e disastrosi. Attenzione! Non si tratta affatto di prendere le difese di tutte le storture dei periodi storici dal dopoguerra ad oggi in una logica di nostalgia o di "perdonismo". I mali, le malefatte, le storture ci sono state e denunciarle è sempre stato un bene. Quel che non ha funzionato è fare di tutta un'erba un fascio e distruggere senza costruire. Per questo ormai ho deciso di non accettare più luoghi comuni, cattiverie, stupidità e disinformazione. Tornato ormai da anni alla vita di cittadino senza alcuna carica elettiva, mi ero alla fine impigrito rispetto a certe discussioni da bar o banalità da Internet, che riguardassero problemi politici ed istituzionali. Avevo deciso di non farmi il fegato marcio, indignandomi quando sentivo chiacchiere assurde e bufale strampalate. Ne andava della mia salute e della convinzione, purtroppo, che certi stupidi o invasati che ci sono in giro sono come dischi rotti che ripetono slogan o roba preconfezionata per la propaganda. Per cui avere a che fare e cercare di spiegare è stato da me erroneamente ritenuto come una semplice perdita di tempo. Ora, senza farmi montare la carogna o peggio la mosca al naso, ritengo che il tempo della pazienza sia finito e d'ora in poi - lo prometto - farò valere ogni volta le mie ragioni con chi si infila in discorsi che dimostrino la più elementare mancanza di elementi di giudizio. Non ho, sia chiaro, la verità in tasca e segno di intelligenza è saper cambiare opinione, quando le ragioni del proprio interlocutore si dimostrino migliori delle mie. Ma quando invece mi accorgerò, come capitato spessissimo, di avere di fronte persone che non conoscono i temi su cui discettano, non hanno studiato il problema, fanno i pappagalli di notizie infondate, non ascoltano le mie ragioni perché accecati da logiche ideologiche, allora no - basta! - scatterà la "tolleranza zero", educata ma ferma, perché sono stufo degli inquinatori della pubblica opinione, dei divulgatori di balle spaziali, delle cattiverie vendute come verità. Bisognerebbe che tutti facessero così e non facessero le orecchie da mercante, facendosi scivolare sopra le cose, perché ogni spazio non riempito viene riempito da altro con un effetto valanga che, altrimenti ci travolgerà.