Utilizziamo i cookie per personalizzare i contenuti e analizzare il nostro traffico. Si prega di decidere se si è disposti ad accettare i cookie dal nostro sito Web.
03 set 2021

Le parole della pandemia

di Luciano Caveri

Capita di ragionare sulle parole. Lo faccio spesso e credo che sia stimolante approfittarne. Per alcuni giorni mi occuperò di parole che siano in qualche modo collegate alla pandemia. Questo "mostro" è apparso nelle nostre vite in modo strisciante: sentivamo, come fosse eco lontano, questa storia di un virus in Cina e poi, con impressionante velocità, ce lo siamo trovato addosso. Coltivavamo tutti la speranza che fosse un mostro di carta, come quei dragoni che i cinesi usano nelle loro feste, ed invece quel minuscolo essere ci ha cambiato la vita e ancora oggi stentiamo a venirne e capo. Siamo per altro consci che molte cose non saranno più come prima, come se una faglia delimitasse un terreno che sancisce il cambiamento che ci sarà, e ne dobbiamo tenere conto. Non è solo un cambio di abitudini, perché esiste un malessere di fondo, tipo un rumore fastidioso che ci influenza nella quotidianità. Un tarlo che si manifesta e regola molti dei nostri comportamenti.

Poi certamente esiste l'impatto economico e sociale, che prescinde da elementi personali o familiari, e estende quanto avvenuto a campi diversi da quelli psicologici. La batosta è stata all'insegna della diseguaglianza: è ingiusto infatti fare di tutto una livella e non solo in una distinzione fra Continente e Continente e fra Paese e Paese, ma perché come in tutte le crisi ovviamente i più colpiti sono quelli con le peggiori condizioni di partenza. Ma parlare di questo argomento riecheggia da una parte storie vissute nel lungo percorso ad ostacoli dell'umanità nella lunga rincorsa della nostra specie, dall'altra avere coscienza che quel che impariamo anche questa volta dal diffondersi del virus sarà bagaglio utile per le prossime puntate possibili. Ha scritto, giorni fa, Chiara Di Lucente su "Wired": «La pandemia di covid-19 ci è sembrata un evento eccezionale, in grado di sconvolgere le nostre vite, ma assolutamente raro. Eppure gli esseri umani hanno sempre avuto a che fare con le grandi epidemie, dalla peste nera del Trecento alla pandemia di HIV, passando per l'influenza spagnola del 1918. Adesso, anche la statistica sembra confermarlo: uno studio condotto da diverse università, tra cui il Dipartimento di ingegneria civile e ambientale dell'Università di Padova, ha rivelato che le grandi pandemie sono molto più comuni di quanto ci si potrebbe aspettare. Ciascuno di noi, infatti, ha una probabilità del 38 per cento di sperimentare una pandemia di impatto simile a covid-19 almeno una volta nella vita, e questa tendenza sembra destinata ad aumentare». Insomma, come avviene per tutte le emergenze, è bene stare vigili e capirne i meccanismi per le reazioni future e per questo affronteremo diversi aspetti possibili. Certo, ma questa dovrebbe essere la logica dell'Autonomia, bisogna poi far cadere anche sulla piccola Valle d'Aosta fenomeni che ci investono, anche se ciò avviene malgré nous. E' sempre stato così, perché nessuno vive in una bolla, ma certo oggi è tutto più interconnesso e rapido e gli strumenti decisionali nella loro complessità non sempre ricadono con efficienza sui territori. Dunque bene discuterne, sapendo - e il caso dei no-vax è significativo - emergono fenomeni antichi fatti di credenze e superstizioni che si incrociano con la modernità, a dimostrazione di quanto ci sia e resti fragile nell'animo umano.