Utilizziamo i cookie per personalizzare i contenuti e analizzare il nostro traffico. Si prega di decidere se si è disposti ad accettare i cookie dal nostro sito Web.
11 mag 2020

O la borsa o la vita

di Luciano Caveri

«O la borsa o la vita»: è questa una vecchia espressione ottocentesca del bandito di strada che minaccia un viandante. Eppure, mai come oggi, questa espressione dimostra in maniera plastica e impressionistica la scelta che ci si trova a dover compiere di fronte a quel "bandito", che è il "coronavirus", che arriva sino ad uccidere per riprodursi. Questa storia relativizza quella tracotanza di noi esseri umani che, negli ultimi secoli abbiamo fatto salti da gigante nella scienza e nella tecnologia, e ci troviamo d'improvviso sotto scacco, dovendo ripensare a molte cose. Naturalmente fa ridere i polli chi considera che questa sia una sorta di punizione divina o una specie di ammonimento della Natura contro il nostro strapotere sul Pianeta. Senza l'attuale livello di sviluppo e di conoscenze il "covid-19" avrebbe fatto una strage di centinaia di milioni di persone e invece l'impatto è enormemente diverso da quanto sarebbe avvenuto solo cinquant'anni fa.

Questo non vuol dire che la salutare sottolineatura della nostra fragilità non risulti essere utile. Ogni disastro o sciagura serve non solo a dimostrare capacità nell'emergenza, ma anche esprimere carattere e volontà quando è l'ora di rialzare la testa. E la storia dell'umanità mostra quanto la razza umana, con tutti i difetti che potrei elencare, ha doti e capacità che le hanno permesso di primeggiare e di dimostrare quanto vale. Resta inteso che, per quanto uno si appoggi alle proprie certezze, alle proprie speranze e ai propri affetti e eviti drammatizzazioni, sia legittimo per chi ci ragioni vivere questi tempi con apprensione. E l'iniziale alternativa fra "borsa o vita" campeggia nelle nostre esistente nel presente e nel futuro. Il confinamento è nato - e si potrebbe discutere su tempi e modalità - proprio per garantire che il contagio limitasse i morti. Ma la borsa è rappresentazione efficace dell'aspetto economico che pesa come un macigno ogni mese che passa. Le attività chiuse boccheggiano e chi ha perso alcuni mesi si preoccupa di fronte ad un mondo che rallenta, che si chiude, ed a consumi che si contraggono ora ed in prospettiva. La riapertura, per quanto graduale, deve riuscire a conciliare le paure che il virus ripigli velocità non appena si riapre al mondo la nostra vita e, dall'altra, la constatazione che il virus può spingere verso povertà, disoccupazione disastro di una finanza pubblica che per reagire deve barcamenarsi fra situazioni opposte. E' il caso dell'indebitamento, benzina per il riavvio e per mitigare i danni, che si accompagna a tagli di tasse che impoveriscono un comparto pubblico che ne avrebbe bisogno come volano per l'economia. Tutto si basa, anche questa volta, nel trovare un punto di equilibrio, che spunti le ali ad ogni atteggiamento estremistico e demagogico. Sappiamo che non è facile e, nel caso della Valle d'Aosta, la responsabilità di decisioni non solo è in capo ad un Esecutivo monco e ad un Consiglio Valle oltre la scadenza, ma pesa la necessità, per ciascun politico che voglia ripresentarsi alle elezioni a fine estate, di mettersi in mostra per essere votato e questo cambia lo scenario e si assiste ad un gioco al rialzo per fare vedere chi è più generoso con chi chiede aiuti. E spesso chi chiede aiuto vuole - ed è giusto da parte sua - approfittare della situazione per rendere più solide le proprie attività e dunque le richieste si moltiplicano. Nessuna novità in un'emergenza che ancora brucia e che obbliga tutti a pensare non solo come uscirne, ma a guardare avanti. Si sa, infatti, che giunti in fondo ad un pozzo, se sia hanno forze e capacità, si può riguadagnare l'aria aperta, respirare l'aria pura e vedere il sole. Chi è ottimista - ed io lo sono - deve avere però la capacità di trovare quel juste milieu che consenta di evitare che la borsa e la vita diventino un'alternativa secca fra incomunicabili. Spetta alla Politica, con una Scienza che supporti e non sostituisca, trovare la strada di mezzo per far quadrare il cerchio. Ciò dovrebbe avvenire non solo a colpi di decreti e di ordinanze, ma tornando a valorizzare confronto e luoghi deputati, come le Assemblee parlamentari ed i tavoli che consentano alle persone di esprimersi prima delle decisioni topiche e non dopo, quando tutto è già stato regolato e non sempre bene come lo si sarebbe dovuto fare. Un esempio? Trovo indigeribile che, in tempo di crisi, la burocrazia - di cui ho il massimo rispetto, quando fa il suo lavoro - continui a pensare che il cittadino o l'impresa siano pregiudizialmente soggetti che, se non avvolti da una marea di carte, tirino a fregare il pubblico in un gioco difensivo di responsabilità che vuole evitare guai, preoccupazioni, per non dire che dell'ormai prezzemolino "danno erariale". Anche perdendo tempo e accumulando carte, bolli, dichiarazioni e auto-dichiarazioni si perde denaro.