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17 feb 2020

Il futuro dei chioschi dei giornali

di Luciano Caveri

Trovo molto interessante quella specie di concorso di idee lanciato dal "Corriere della Sera", che riguarda la difesa e il riutilizzo delle edicole, intendendo con maggior precisione quei chioschi di rivendita dei giornali, di cui ad Aosta sono rimasti rari esemplari rispetto al passato. Questi oggetti del mondo urbano, situati in modo strategico in diverse zone e questa loro territorialità campionava in qualche modo i loro utilizzatori (la rivendita davanti all'azienda "Cogne" non esiste più da anni), oggi lottano per la propria sopravvivenza a fronte di banalissime constatazioni. Quella principale è il calo delle vendite della carta stampata e, per quanto si siano aggiunte altre tipologie di merci, difficilmente si regge all'impatto di un mercato che cambia sotto la spinta della rivoluzione digitale. Ma conta anche la crescente distribuzione dei giornali nei supermercati o ipermercati, che sono diventati meta delle visite delle persone, che si approvvigionano lì anche delle loro letture, come sanno bene anche i librai, anch'essi tallonati dai cambiamenti tecnologici e dalle vendite on line.

Credo che oggi non si valuti ancora quanto sta accadendo nella filiera tradizionale dei giornali. In questi mesi prosegue l'esodo nelle redazioni con piani di prepensionamento, con riduzioni drastiche degli stipendi, con forme di precarizzazione che sono il volto umano e sulla pelle delle persone di quella stessa scomparsa delle edicole e naturalmente degli edicolanti, figure che erano quasi membri di famiglia. I dati fanno impressione: su "La Repubblica" nel 2017 scriveva Sergio Rizzo in una sua inchiesta: «nel 2001 le edicole vere e proprie, per capirci i chioschi e i negozi che vendevano quasi soltanto giornali, riviste e prodotti editoriali, erano più di 36 mila», ed aggiungeva che «nel 2017, dicono i dati delle Camere di commercio, ne erano rimaste appena 15.876, ma alla fine dello scorso anno quel numero era sceso ancora a 15.126». Per capire la media si passava da un'edicola ogni 1.550 abitanti a una ogni quattromila residenti. Aggiungeva Rizzo: «la frana partita una decina d'anni fa con la crisi economica viene giù a precipizio. Settecentocinquanta chiusure in un anno significa che l'ecatombe procede al ritmo di due decessi al giorno». Pochi mesi fa la Federazione dei giornali sosteneva come oggi le edicole «non sarebbero più di undicimila». Quella di un riutilizzo dei chioschi è certo una lotta difficile e abbiamo già avuto l'esempio della morte delle cabine telefoniche, che un tempo pullulavano, per capire come il modificarsi degli usi e dei costumi pesino e in certi casi sia davvero improbo trovare alternative valide. A dire la verità esiste già il caso di Parigi, dove i celebri kiosques hanno ormai un secolo e mezzo di storia e si è ragionato sul futuro di queste quattrocento edicole, che chiudevano una dietro l'altra, malgrado siano dei simboli della città o meglio della famosa rivoluzione urbanistica haussmaniana di fine Ottocento. Caso di scuola sono stati i chioschi firmati Matali Crasset, in un mix di design pulito, linee ispirate ai tetti della Ville Lumière e facciate di vetro. Più accessibili, confortevoli e green, grazie all'utilizzo di materiali riciclati e dell' illuminazione led, le nuove edicole dei giornali sono in tre colorazioni: verde, grigio e rosso. Il quotidiano milanese è un pullulare di idee. Guardavo ancora domenica alcuni esempi. C'è chi ipotizza un mix vendita giornali e bar, chi un circolo di lettori con spazio per bambini e toilette, chi ancora delle strutture polifunzionali da socializzazione. Ma non manca l'idea di un deposito pacchi in epoca di "Amazon" ed affini con quei distributori automatici di cibi e bevande oppure di una sorta di monumento alla carta stampata, giungendo infine a edicole con belvedere sopraelevato dove leggere i giornali o al deposito biciclette dove si possono ricaricare i telefoni e comprare del cibo. Seguo con ammirazione questa fucina di idee, ma bisogna ricordarsi che - esclusa una disastrosa gestione pubblica di spazi di questo genere, destinati all'abbandono come molte pensate degli architetti - resta la sostanza e cioè che le vecchie edicole, quando si rinnovano, devono avere anche degli aspetti commerciali che possano sostenere le attività che ospitano, qualunque esse siano. La nostalgia è una bella cosa, ma bisogna armarsi anche di un solido pragmatismo: esiste anche nelle strutture costruite dall'uomo una logica di darwinismo, per cui ad un certo punto l'evoluzione del mondo costringe certe cose del passato alla distruzione e all'oblio. Per questo, senza alternative, continueranno le chiusure.